Ru 486: la campagna pro vita è una bufala
Per Silvana Agatone, presidente LAIGA – Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione Legge 194 “Questa campagna è una bufala e diffonde informazioni false su temi delicati e cruciali quali la salute e la consapevolezza delle donne.”
“In questi giorni sono stati affissi in diverse città italiane questi cartelloni che riportano notizie scientificamente errate, ovvero, lasciano intendere che la pillola usata per l’aborto farmacologico, la RU 486, sia in realtà del veleno che può far morire la donna o danneggiare la sua salute” denuncia Silvana Agatone, presidente di LAIGA, Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Applicazione Legge 194/78, “Tali affissioni portano la firma di ProVita e Famiglia onlus.
L’associazione LAIGA, costituita da personale sanitario non obiettore di coscienza e da soggetti concordi sulla non obiezione, condivide pienamente la denuncia-querela presentata dal Professor Antonio Chiantera, presidente della Società scientifica Italiana di Ginecologia ed Ostetricia, contro la ProVita e Famiglia onlus”.
“E’ assolutamente riprovevole terrorizzare le persone con false affermazioni che non hanno alcun fondamento scientifico. La Pillola RU 486 è infatti utilizzata in Francia dal 1980 e a prescriverla è il medico di base, senza ricovero ospedaliero e da quel momento è stata introdotta e continua a essere utilizzata in molti Paesi del mondo, a riprova che non è assolutamente pericolosa. Addirittura adesso in Francia, con la crisi pandemica, viene somministrata in telemedicina, così le donne non devono nemmeno più passare dal proprio medico curante e non si espongono a inutili rischi di contagio.
“Chiediamo ancora una volta che venga maggiormente diffuso il suo impiego negli ospedali e nei Consultori, come previsto dalle Linee di Indirizzo del Ministero della Salute, che già l’8 agosto aveva annunciato la definizione di nuove linee guida nell’ambito dell’interruzione volontaria di gravidanza per estendere il periodo consentito per la procedura dell’aborto farmacologico da 7 a 9 settimane e la possibilità di somministrare i due farmaci per l’interruzione farmacologica in regime di day hospital. Una procedura che ci avvicina sempre di più al resto dei Paesi europei. Direttive ufficiali confermano le posizioni scientifiche nazionali e internazionali riguardo la sicurezza della procedura e l’importanza di garantire un aborto in totale sicurezza e tutela della salute sessuale e riproduttiva”.
“In Francia l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica viene scelta dal 66% delle donne, in Svezia dal 95%, ma anche in Irlanda e Portogallo ci si è mossi in questo senso, con crescenti e significative percentuali. In Italia (ultimi dati 2018 della sorveglianza IVG del Ministero Salute) solo dal 18% nonostante rappresenti ad oggi la pratica medica più avanzata e meno invasiva per questo tipo di prestazione.
Già nel 1978 la Legge 194 sull’aborto all’articolo 15: ‘Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza […] della legge 194 dice che bisogna aggiornarsi e permettere l’uso delle tecniche più moderne e rispettose della salute fisica e psichica delle donne’ auspicava nuove metodologie più avanzate in materia.
Quindi…Perché ancora diffondere tali messaggi, completamente in controtendenza rispetto a dove vanno scienza e diritti?”.