Sabrina Prioli: la violenza sessuale come crimine di guerra, la denuncia e il silenzio dei governi. La petizione lanciata dalla Casa internazionale delle donne
Al link http://chng.it/xDrTx6KV è possibile firmare la petizione lanciata dalla Casa Internazionale delle Donne di Roma
Questo il testo della petizione:
La cooperante Sabrina Prioli è stata vittima di una feroce aggressione in Sud Sudan nel 2016 dove si trovava come consulente per i progetti di cooperazione USAID.
Sabrina è stata violentata da cinque soldati governativi entrati nel compound dove risiedeva e lavorava assieme a altri cooperanti internazionali. Oltre alle violenze sessuali, è stata selvaggiamente percossa e tentata di soffocare con uno spray Ddt.
Intrappolata nel compound, che avrebbe dovuto esser protetto dall’ONU, durante tutto il pomeriggio e la notte, è stata soccorsa e liberata solamente la mattina dopo, nonostante il cessate il fuoco. Dal 2016 Sabrina ha continuato a denunciare coraggiosamente i crimini commessi contro di lei.
L’attacco al compound è stato denunciato solamente dal proprietario. Ciò ha portato, nel 2017, a un processo civile nella corte marziale del Sud Sudan. Sabrina è stata l’unica vittima che coraggiosamente ha testimoniato davanti alla corte marziale di Juba, a seguito del quale è stato aperto un processo penale e i suoi aguzzini sono stati condannati e imprigionati.
Con suo grande sgomento e della comunità internazionale, dopo un anno dal processo (settembre 2018), la corte militare sud sudanese le ha tuttavia riconosciuto solo 4 mila dollari «forfettari», un risarcimento assolutamente inadeguato rispetto alla grave aggressione subita. Inoltre, non è stato possibile fare appello alla sentenza in Corte Suprema del Sud Sudan, in quanto non è stato possibile accedere all’intero file del processo della corte marziale. Il file del processo è andato perso e non vengono date ulteriori spiegazioni in merito.
Dal 2019 Sabrina sta cercando di negoziare per il risarcimento direttamente con il governo del Sud Sudan e, nonostante abbia già firmato due lettere di consenso alla loro offerta, il governo del Sud Sudan non sta rispettando la risoluzione. Oltre che rispondere a criteri di giustizia, i risarcimenti per crimini di guerra sono un obbligo internazionale di grande valore simbolico per le sopravvissute, i sopravvissuti e le vittime di questi atroci crimini e rappresentano un potenziale deterrente per possibili perpetratori—esecutori e mandanti.
Sono anni che Sabrina combatte praticamente sola per i suoi diritti.
Sabrina Prioli non è stata adeguatamente o efficacemente protetta e sostenuta dal governo italiano, contrariamente ai loro obblighi ai sensi degli articoli 19, 20, 22, 25 e 57 della Convenzione di Istanbul, dell’articolo 14 della Convenzione contro la tortura e della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Sabrina non ha mai ricevuto supporto medico o legale globale, contrariamente alla dichiarazione del governo italiano al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del luglio 2020 secondo cui alle vittime devono essere forniti tutti i mezzi necessari e adeguati per “far fronte alle conseguenze della violenza sessuale correlata al conflitto, compresi i servizi medici, l’assistenza legale e il supporto psicologico”.
Fino a al mese di novembre 2020, nessun membro del governo l’ha incontrata direttamente, ascoltata o informata adeguatamente delle azioni che avrebbe intrapreso per sostenere il suo diritto al risarcimento in quanto cittadina italiana e vittima di stupro di guerra. Grazie alla perseveranza di Sabrina e alla pressione dei media, nel mese di novembre del 2020 il Ministero degli Affari Esteri l’ha finalmente contattata. Da allora il Ministero ha inviato Note Verbali al Governo del Sud Sudan, ma la mancanza di un fermo e pieno impegno diplomatico da parte del Governo italiano volto ad esigere risposte, purtroppo, non ha prodotto alcun risultato significativo e nemmeno una risposta da parte del Governo del Sud Sudan.
Il processo di ricerca di giustizia e risarcimento che Sabrina, da sola, sta intraprendendo dal 2019 rischia di essere vano perché il governo del Sud Sudan non ha risposto alle sue molteplici richieste di piena giustizia.
Noi – membri della comunità umanitaria globale e connazionali – siamo risolutamente solidali con Sabrina e chiediamo al governo italiano di garantire ai nostri concittadini la piena protezione dei loro diritti.
Il governo italiano sostiene il governo del Sud Sudan come parte del suo contributo bilaterale al rafforzamento delle infrastrutture economiche e sociali del Sud Sudan, di cui il rispetto dei diritti umani è parte integrante. Tuttavia, quando i diritti umani dei propri cittadini sono stati violati dal governo del Sud Sudan, il governo italiano non ha sostenuto la vittima per mitigarne il trauma, ne’ dispiegato un’azione diplomatica effettiva ed efficace per assicurarle giustizia e riparazione.
Noi rappresentanti della società civile italiana e internazionale, chiediamo al governo italiano si impegni a garantire pieno sostegno di Sabrina nella sua richiesta di giustizia.
#GiustiziaxSabrinaPrioli
English Version
Sabrina Prioli, an Italian humanitarian aid worker, was a victim of a violent attack in South Sudan during a civil war in 2016 where she was working as a consultant for a USAID project.
Sabrina Prioli was raped by 5 soldiers of the South Sudan military after they had breached the compound which should have been protected by the UN, where she lived and worked with other international aid workers. In addition to the rape, the soldiers savagely beat her and attempted to suffocate her with a DDT spray. Trapped in the compound overnight, she was only rescued the morning after, despite the ceasefire. Since 2016 Sabrina went on to courageously denounce the crimes which were committed against her. The attack of the compound was only reported by the owner. This led, in 2017, to a civil trial in South Sudan. Sabrina was the only victim who bravely testified before the martial court in Juba, as a result of which, a criminal trial has been opened and her perpetrators were convicted and imprisoned.
To her dismay and the international community, one year after the trial (September 2018) however, the martial court awarded her USD$4,000 “flat-rate” in compensation, an absolutely inadequate sum for the egregious and shocking aggression she had endured. Sabrina attempted to appeal the award but the trial files, according to the martial court, went “missing” suddenly and since, there have been no significant efforts to locate them.
Since 2019, Sabrina has been directly negotiating for her right to reparations with the Government of South Sudan. Despite having signed two letters of agreement to their offer, they show no effort to respect and enforce her reparations. In addition to meeting the criteria of justice, war crimes reparations are an international obligation of great symbolic value for the survivors, survivors and victims of these heinous crimes and represent a potential deterrent to possible the perpetrators – executors and principals.
It has been years that Sabrina has been fighting almost single handedly for her rights. She has not been adequately or effectively protected or supported by the Italian Government, contrary to their obligations under Articles 19, 20, 22, 25 and 57 of the Istanbul Convention, Article 14 of the Convention Against Torture and UN Security Council Resolution 1325. Sabrina did not at any time receive holistic medical or legal support, contrary to the Italian Government’s own declaration to the UN Security Council in July 2020 that victims must be provided with all means necessary and adequate to “cope with the consequences of conflict-related sexual violence, including medical services, legal assistance and psychological support.” Until recently, no member of the government met directly with her, listened to, or adequately informed her of the actions it would take to support her right of reparations as an Italian citizen and a victim of conflict-related rape. Through her own perseverance and media pressure, the Ministry of Foreign Affairs finally contacted her. The Ministry has since sent Notes Verbales to the Government of South Sudan, but the lack of firm and full diplomatic commitment by the Italian Government, has unfortunately, produced no meaningful outcome or even an aimed at demanding answers from the South Sudan Government.
The process of seeking justice and reparations that Sabrina, alone, has been undertaking since 2019 risks being in vain because the Government of South Sudan has not responded to her multiple requests for full justice.
We – members of the global humanitarian community and fellow Italians – stand resolutely in solidarity with Sabrina, and demand the Italian government to guarantee our fellow citizen the full protection of her rights.
The Italian Government supports South Sudan’s Government as part of its bilateral contribution to strengthening South Sudan’s economic and social infrastructure. Respect for human rights is integral. Yet, when the Government of South Sudan violated their own citizen’s human rights, the Italian Government did not support the victim to mitigate the trauma, nor did it deploy practical and effective diplomatic action to ensure justice and reparation.
We representatives of Italian and international civil society ask the Italian government to commit itself to guaranteeing Sabrina’s full support in her request for justice.
#Justice4SabrinaPrioli