SAVONA – L’Unione Donne in Italia richiede una legge per chi opera all’interno dei nuclei familiari
che alcuni dati noti a tutti indicano un allungamento della vita media, la seconda al mondo per longevità, e contemporaneamente una riduzione delle nascite che portano a 168,7 anziani ogni 100 giovani con la conseguenza che oggi per ogni nipote o figlio/a unico/a pesa la cura di genitori, nonni, suoceri in un rapporto invertito rispetto a due o tre generazioni indietro;
che i dati ISTAT pubblicati il 12 dicembre 2017 monitorano 13.459 unità che offrono servizi socio-educativi per la prima infanzia e 197.328 i bambini che ne usufruiscono su un totale di circa un milione di potenziali utenti e ciò significa spesso per le mamme rinuncia all’occupazione, alla carriera in assenza di welfare familiare, cioè nonni;
che il numero di donne occupate è cresciuto dal 42% del 2013 al 49,9%, ancora lontano dalla media europea di circa il 60%, ma con un incremento di circa 8 punti percentuali, malgrado la fase critica dell’economia nazionale e internazionale;
che malgrado le lotte per la ripartizione familiare del lavoro di cura l’ISTAT registra ancora un carico pari al 77% del totale sulle donne.
Alla luce di questa situazione si determina con forza la necessità di personale ausiliario a cui affidare le persone a noi più care e più fragili: i bambini, gli anziani, i malati e gli invalidi. Risulta pertanto indispensabile che il personale a cui affidiamo i nostri cari siano persone affidabili, preparate e a loro volta protette.
Si propone di raccogliere adesioni e sensibilizzazioni attorno a una proposta di legge che, per il suo carattere trasversale, può diventare patrimonio di ogni partito, movimento, gruppi di opinione, associazioni femminili, organismi di governo locale e regionale.
La legge dovrebbe indicare tre obiettivi principali:
La COSTITUZIONE DI ALBI o REGISTRI PUBBLICI di personale qualificato e affidabile, selezionato con la verifica di competenze e attestazioni che ne garantiscano l’idoneità. Molti Comuni, Sindacati, Cooperative e Associazioni già oggi curano la pubblicazione di elenchi di personale verificato, proponendosi come garanti della formazione e dell’affidabilità dei soggetti, ma questo compito importante si ritiene che NON possa e NON debba essere espressione di buona volontà occasionale e locale, vista la delicatezza della questione.
La FORMAZIONE PROFESSIONALE, da inserire nei corsi gestiti da Regioni e Province autonome. I requisiti di accesso potranno essere il diploma della scuola dell’obbligo e il permesso di soggiorno per gli extracomunitari. I corsi svilupperanno competenze igienico-sanitarie, culturali, psicologiche, tecnico-operative. Per i cittadini extracomunitari saranno previsti anche corsi di lingua italiana. Il personale docente sarà reperito nei diversi ambiti di competenze da conseguire. Superfluo sottolineare che questo obiettivo risulta assolutamente determinante per la sicurezza degli utenti, cioè le famiglie che affidano le loro persone più care e chiedono garanzie alla luce di fatti vergognosi di maltrattamenti emersi dalle pagine della cronaca, ma anche per il personale, anch’esso spesso vittima di ricatti e abusi legati talvolta allo stato di necessità o di clandestinità, se stranieri extracomunitari privi di permesso di soggiorno.
LA COSTITUZIONE DI UN FONDO ECONOMICO adeguato, per l’organizzazione e il finanziamento dei corsi di formazione e per la redazione degli albi del personale protetto da polizze assicurative a carico dello Stato. Il FONDO FINANZIARIO dovrebbe essere sufficiente anche per offrire contributi di sostegno alle famiglie meno abbienti, in proporzione alle condizioni economiche del nucleo familiare degli utenti. Si sottolinea che, pur consapevoli delle precarie condizioni della nostra finanza pubblica, la regolamentazione di questo delicatissimo nodo cruciale legato alle famiglie e al lavoro di cura in carico prevalentemente alle donne, produrrebbe un circuito virtuoso di emersione dell‘immane sommerso con ristoro delle finanze pubbliche, degli obblighi previdenziali e anche del PIL se è vero quanto sostenuto da molti economisti che la quantificazione del lavoro di cura, ora relegato all’ambito della gratuità, incrementerebbe del 15% il volume della ricchezza nazionale.
Né si deve dimenticare che la cura e l’assistenza di bambini, di malati, di portatori di handicap, di anziani, in strutture pubbliche (tra l’altro inesistenti in misura sufficiente, rispetto alla media europea) avrebbe un peso ben maggiore per le casse pubbliche.