Servizio radiotelevisivo pubblico: le nuove regole. No a spot sessisti e rispetto della parità di genere nella programmazione complessiva
Vi propongo la lettura di un articolo firmato da Rosanna Oliva, da Donatella Martini Ciampella e da De Conciliis Donnein ( Quota e Rete per la Parità) uscito su 27esimaora corriere
Una recente ricerca dell’EBU (European Broadcasting Union) – Trust in media 2019 – ha evidenziato come la radio e la TV sono i media ritenuti più affidabili dal pubblico. Nel momento in cui Internet e i social media sono ai minimi storici, sia per la diffusione di fake news che per lo scandalo FaceBook/Cambridge Analytica, la TV e la radio di tutta Europa riconquistano la fiducia del pubblico, nonostante la costante diminuzione di spettatori e ascoltatori e la conseguente contrazione dei fatturati pubblicitari.
Che la televisione abbia un ruolo fondamentale nella formazione della coscienza di un paese e che possa favorire o ostacolare la parità tra donne e uomini, trasmettendo messaggi di cambiamento o veicolando stereotipi obsoleti, è un convincimento di DonneinQuota e Rete per la Parità, due associazioni che si occupano da anni della rappresentazione delle donne in tv, a partire dalla Rai. L’otto marzo 2018, dopo un’attesa di circa sei anni, è finalmente entrato in vigore il nuovo Contratto che regola il servizio pubblico radiotelevisivo e digitale per i prossimi cinque anni, affidato alla Rai in base ad una convenzione rinnovata ad aprile 2017 per dieci anni. La data dell’otto marzo colpisce perché coincide con la Giornata internazionale della donna e noi, negli anni ci siamo confrontate sulle questioni riguardanti le donne, con la Rai, il Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) e la Commissione parlamentare di Vigilanza sul servizio radiotelevisivo pubblico.
Leggendo il testo del nuovo contratto riscontriamo che il nostro impegno ha portato a risultati importanti, anche se non ancora completi. Alcune delle nostre proposte, e l’apertura di un’interlocuzione diretta con la Rai, derivano dal nostro convegno “CambieRai per non cambiare mai? Donne vere in tv” del 23 gennaio 2017 . Ne avevamo poi discusso nei mesi di settembre-ottobre 2017, durante gli incontri con il Sottosegretario al MISE Antonello Giacomelli, ai quali erano anche presenti le parlamentari Lorenza Bonaccorsi ed Elena Centemero e la statistica Linda Laura Sabbadini. In seguito, il 21 novembre, abbiamo presentato alla Commissione parlamentare di vigilanza RAI le nostre proposte di modifiche allo schema di contratto. Grazie al nostro lavoro decennale contro la pubblicità sessista, siamo riuscite a far inserire l’impegno a “non trasmettere messaggi pubblicitari discriminatori o che alimentino stereotipi di genere” (art. 9.2 lettera b). Finalmente non potranno più esserci spot sessisti! E chissà mai che anche la cartellonistica stradale e la stampa non si adeguino.
Inoltre, abbiamo ottenuto la conferma del monitoraggio annuale sulla “Rappresentazione femminile nella programmazione televisiva” e la pubblicazione dei risultati entro quattro mesi, per consentire di “verificare il rispetto della parità di genere nella programmazione complessiva” (art.9.2 lettera c).
Questo monitoraggio è importante perché mette a disposizione dati statistici per una lettura della programmazione effettuata, da comparare con gli obblighi assunti dall’emittente, e permettono a noi di chiedere con più forza, tempestive azioni correttive dei palinsesti. Uno strumento che sarà anche utilizzato, nell’ambito delle competenze attribuite, dal Ministero dello Sviluppo Economico, dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, dal Consiglio Nazionale Utenti (CNU), dalla Commissione Paritetica Rai e dal Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione Media e Minori (Comitato Media e Minori).
Un altro importante inserimento che abbiamo ottenuto, riguarda “la formazione dei dipendenti affinché in tutte le trasmissioni siano utilizzati un linguaggio e delle immagini non discriminatorie e non stereotipate nei confronti delle donne” (art. 9.2 lettera a). La formazione di genere delle e dei dipendenti è di fondamentale importanza affinché non vadano in onda trasmissioni come la puntata di Parliamone sabato (Rai 1), trasmessa nel marzo dello scorso anno, cancellata dopo le reazioni del pubblico a un inammissibile concentrato di sessimo, razzismo e classismo. Da ricordare qui che del contrasto agli stereotipi e a ogni forma di comunicazione lesiva della dignità dell’immagine delle donne e delle bambine, del monitoraggio di genere e del ruolo del Dipartimento Pari Opportunità, si occupa anche il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, con un riferimento alla Convenzione di Istanbul.
Abbiamo poi fermamente voluto che il Contratto facesse esplicita menzione al dovere per la RAI di fare “una informazione che favorisca opinioni non condizionate da stereotipi” (art.6.3 lettera a) e durante la recente campagna elettorale abbiamo toccato con mano come ciò sia importante. Siamo state, infatti, costrette a segnalare all’AGCOM che un tema così delicato come la prostituzione è stato trattato con estrema e inaccettabile leggerezza su Radio1, Rai 1, Rai 2 e la 7, sull’onda delle proposte del Segretario della Lega. E con la nostra lettera del 18 gennaio scorso, ci siamo rivolte al direttore di Radio 1, per chiedere una informazione corretta e completa sull’argomento, perché la prostituzione non è il mestiere più vecchio del mondo ma una piaga che coinvolge principalmente vittime di tratta – anche minorenni – sfruttate dalla criminalità organizzata internazionale.
Il problema della violenza maschile contro le donne, di qualsiasi tipo essa sia, è un tema che ci sta molto a cuore. E vigiliamo affinché la televisione italiana operi coerentemente con l’impegno sottoscritto dal nostro paese con la firma della Convenzione di Istanbul che menziona esplicitamente il ruolo dei media nel contrasto e nella prevenzione della violenza (art.17). In particolar modo, trattando la violenza contro le donne come un fenomeno culturale e non l’occasione di fare sensazionalismo. Immediatamente dopo l’ennesimo femminicidio avvenuto a Cisterna di Latina, con una lettera indirizzata alla Presidente della Rai e al Direttore di Rai 3 e inviata per conoscenza all’AGCOM, al Consiglio Nazionale Utenti, al Comitato Media e Minori e alla Commissione Pari Opportunità della Rai, abbiamo chiesto di non mandare in onda la prevista puntata di “Amore criminale”. Un programma basato sulla spettacolarizzazione dei femminicidi, che non aiuta a comprenderne le radici storiche, piuttosto attira un grande numero di telespettatori ed è molto seguito sui social. Il programma è al momento terminato ma è in rete l’annuncio che sarà ripreso in autunno, nonostante le ripetute richieste di eliminazione. Tra le più recenti, riportiamo la dichiarazione di Francesca Puglisi, che ha presieduto la Commissione sul femminicidio del Senato: “La Rai deve chiudere una trasmissione dannosa come Amore Criminale. Una richiesta che avevo già segnalato alla presidente del servizio pubblico, Monica Maggioni. Romanzare crimini efferati come quelli che subiscono le donne contribuisce a rafforzare insani propositi emulativi. È una richiesta che viene anche dai Centri antiviolenza che verificano le conseguenze di tali trasmissioni ad effetto. In audizione, il generale Tullio Del Sette, all’epoca Comandante generale dei Carabinieri, aveva ribadito quanto pesi in questo genere di reati l’emulazione”. Questa richiesta avanzata al Senato si aggiunge alle iniziative del Consiglio Nazionale Utenti presso l’AGCOM, del Comitato Media e Minori presso il MISE e dei Centri anti-violenza. E all’istruttoria aperta dal Comitato Media e Minori. Ora finalmente, a fronte della mancata risposta alla nostra lettera della Presidente della Rai e all’insoddisfacente risposta del Direttore di Rai3, potremo riferirci agli obblighi che la Rai ha assunto nel nuovo Contratto nella parte sul contrasto di ogni forma di violenza (art. 2.1 lettera c, art. 8.2 lettera e, art.9.1).
Sempre nell’ambito del contrasto agli stereotipi, abbiamo chiesto e ottenuto che la Rai si occupi anche dello sport femminile (art.3.2 lettera d.) Per una nostra proposta ci sarà anche attenzione alla difesa dell’ambiente (art. 4.2 lettera f) e sono stati inseriti riferimenti agli obiettivi del millennio, tra i quali è incluso l’Obiettivo 5 Parità di genere, dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, (art. 25.1 lettera d). Con l’approvazione del nuovo Contratto di servizio, inizia la parte più faticosa del nostro lavoro: il controllo del rispetto delle regole che ci vede sempre in prima linea nella difesa dei diritti delle donne. In genere, gran parte del nostro lavoro consiste in proposte e pressioni per far approvare norme/regole per la parità, e nel monitorare la loro applicazione. Nel caso del servizio radiotelevisivo e digitale pubblico, questi compiti sono assegnati ad appositi organismi e rileviamo con soddisfazione che secondo il nuovo contratto, al MISE si rinnoveranno la Commissione Paritetica Rai (art. 22) , mancante dal 2012, e il Comitato di confronto per le persone con disabilità (art. 23), composti nel rispetto dell’equilibrio di genere grazie alla nostra richiesta. Da parte nostra, grazie all’interlocuzione instaurata con la Rai e il MISE, continueremo a seguire con attenzione i passi successivi e a chiedere alle istituzioni, e alle persone che le rappresentano, il rispetto degli atti approvati, per rendere meno difficile e meno lungo il cammino delle donne verso l’uguaglianza sostanziale