Si può trasfigurare l’orrore? forse la poesia e l’arte aiutano. Ma è la buona politica ad evitare gli orrori delle guerre
Nel giorno della memoria ricordiamo il ghetto dei bambini di Terezin vicino Praga
LA FARFALLA poesia di Pavel Friedman nato il 7.1.1921 – morto il 29.9.1944
L’ultima, proprio l’ultima,/ di un giallo così intenso, così/ assolutamente giallo, / come una lacrima di sole quando cade/ sopra una roccia bianca/ così gialla, così gialla !/ L’ultima,/ volava in alto leggera,/ aleggiava sicura/ per baciare il suo ultimo mondo./ Fra qualche giorno/ sarà già la mia settima settimana/ di ghetto:/ i miei mi hanno ritrovato qui/ e qui mi chiamano i fiori di ruta / e il bianco candeliere del castagno / nel cortile. / Ma qui non ho visto nessuna farfalla./ Quella dell’altra volta fu l’ultima: / le farfalle non vivono nel ghetto.
A OLGA poesia di Alena Synkova nata il 24.6.1926 – liberata
Ascolta / già fischia la sirena delle nove / su, partiamo / per porti sconosciuti ! / Ecco, / è già l’ora. / Navigheremo lontane, / i sogni diventeranno realtà. / Oh dolce nome del Marocco ! / Ecco, / è Già l’ora. / Il vento ci porta canzoni / di paesi lontani. / Guarda il cielo / e pensa soltanto alle violette. / Ecco, / è già l’ora.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania Nazista costruì in tutta Europa circa 15’000 campi, tra questi figura anche quello di Terezin, cittadina nelle vicinanze di Praga, Theresienstadt in tedesco, tristemente noto come “Il lagher dei bambini” perché degli oltre 15’000 che vi avevano fatto ingresso, finita la guerra solo poco più di 1’000 erano sopravvissuti.
Il destino toccato a loro e agli altri bambini di Terezin è documentato nelle centinaia di poesie e nei disegni che gli abitanti del ghetto riuscirono a nascondere come testimonianza della crudeltà a cui furono soggetti anche i più fragili. Con lo scopo di rendere la loro giornata meno dolorosa, gli adulti del ghetto ottennero il permesso di riunire i bambini, molti dei quali orfani, in un’area apposita, dove nei limiti del possibile si cercava – a dispetto dei divieti in vigore – di dar loro un’istruzione, di intrattenerli con giochi e canti oltre che di insegnar loro a essere indipendenti e solidali gli uni con gli altri. Nonostante questo, i soldati della Gestapo applicavano le ferree regole di Terezin anche ai più piccoli, messaggeri della Morte.