Siete state proprio brave, ma…
Care amiche, anche se non ho il tempo di scrivere un articolo su tutte le cose che ho in testa, voglio commentare quello che è stato uno dei momenti più controversi di tutta la giornata. Quando sono entrata in piazza Navona era in corso l’operazione “pulizia” dello studio mobile di La7. Ma lì per lì non ho capito di cosa si trattava.
_ Ho visto Livia Turco, mi sono chiesta che cavolo ci facesse, pensando che quello fosse il palco della manifestazione. Che una manifestazione separatista finisse con le interviste alle ministre, forse in nome di quella sorellanza che troppo spesso era stata richiamata nel corteo, mi sembrava un po’ strano, ma… non si sa mai. Poi ho sentito gridare: “non ci dovete strumentalizzare”, questo era già più chiaro, ma ero troppo ai margini per seguire bene.
_ Avevo saputo da una compagna della cacciata della Prestigiacomo, mi era sembrata “pericolosa” perché avrebbe dato materia ai titoli del giorno dopo, ma, dopo averci ripensato, era assolutamente comprensibile.
_ Invece l’occupazione del palco, con la conseguenza di aver impedito la passerella delle ministre non è stata solo comprensibile: è stata {{grande}}.
Noi, 12 anni fa, non ci siamo riuscite. Alla manifestazione del 3 giugno 1995, a Roma, mentre sul prato di Piazza di Siena le tantissime donne presenti si passavano il microfono per parlare, in una versione del “niente palco” resa possibile dalla luce di un pomeriggio d’estate, la Rai intervistava le ministre (c’era Livia Turco, allora ministra degli affari sociali) e altre donne “di spicco”. Noi, le organizzatrici d’allora, non riuscimmo a bloccare la Rai.
_ Voi, invece, siete state molto brave. Questo è quanto desidero dire alle compagne che si sono impegnate nella riuscita della manifestazione.
_ Proprio il fatto che sia riuscita così bene, ci consente di affrontare i nodi che ci hanno diviso, di mettere a tema le differenze, di andare avanti insieme.
Ma nel momento in cui riconosco il valore di un’azione politica, chiedo per me e per altre, un riconoscimento analogo: non ne posso più di leggere che erano 30 anni che le donne non manifestavano ecc.
_ Non sto parlando della manifestazione del 14 gennaio di due anni fa : non condivisi allora né lo slogan né la scelta della data, ma penso che comunque il suo successo abbia favorito la ripresa di iniziative di donne.
Voglio parlare invece della manifestazione nazionale di Piazza di Siena del 1995.
_ Manifestazione di donne, nata da un duplice appello: uno comparso sulle pagine (allora di carta) del {Paese delle Donne}, invitava a manifestare, dopo tantissimo tempo, contro l’ennesima ripresa del dibattito politico (e del mercato politico) fra uomini sul corpo delle donne (il tema era l’aborto, come accade in maniera ricorrente); l’altro diffuso dal {Virginia Woolf- gruppo B}, con un documento in cui si affermava che in materia di procreazione {la prima parola e l’ultima} spetta alle donne (dagli uomini possono arrivare parole “intermedie”).
Dispiace che Adele Cambria, che non ha la scusante della giovane età per non sapere, sbagli, nel suo articolo sull'{Unità} di ieri, sia la maternità dell’impresa (cancellando il {Paese delle donne}) che lo slogan. Così come dispiace che sul muro al primo piano della Casa internazionale delle donne quella manifestazione “nazionale” diventi “cittadina”.
Allora, dopo una serie di assemblee, arrivammo a costruire una grande manifestazione, aperta da uno striscione con lo slogan {la prima parola e l’ultima}. Confesso di non ricordare bene se le assemblee erano nazionali o romane, ricordo solo che si svolgevano in quella che sarebbe diventata la Casa internazionale delle donne, il Buon pastore, allora occupato.
Quella fu una manifestazione separatista, a nessuna di noi venne in mente che potesse essere altrimenti. Ma questo non impedì che un gruppo consistente di giovani donne di Rifondazione plaudisse al segretario (allora Bertinotti) che guardava passare il corteo da piazza Barberini.
Questo per dire che il separatismo, purtroppo, non garantisce autonoma soggettività politica, ma di questo, come di altre cose più importanti, vorrei parlare e scrivere un’altra volta.
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