SOLIDARIETA’ ABOLITA PER LEGGE
Migranti, l’Ue trova un accordo. Le reazioni: “Solidarietà abolita per legge”
Nella notte tra il 28 e il 29 giugno 2018 si è siglato l’accordo tra i 28 stati membri, dopo 13 ore di trattativa e dissapori. Ma le valutazioni sembrano andare in direzioni diverse. Msf: “Il messaggio che viene dai governi europei è chiaro: l’assistenza umanitaria non è benvenuta”. Arci: “L’atteggiamento dell’Italia non fa gli interessi del paese”. Naga: “L’Europa vuole diventare quello che non è: un’isola”
I governi europei devono ritrovare il buon senso e mettere fine alle politiche che costringono le persone a rimanere intrappolate in Libia o a morire in mare. E’ questo, in sintesi, il senso dell’appello lanciato da Medici Senza Frontiere (Msf) in occasione del Consiglio europeo. Un Consiglio europeo che si è chiuso questa mattina alle 4.40, con l’annuncio di una sorta di accordo trovato dai 28 paesi Ue in tema di migranti. Tredici ore di negoziati, caratterizzati da “veti” da parte dell’Italia, litigi, alleanze che sembravano saltate e poi improvvisamente ritrovate. Ed ora è il tempo dei primi commenti. Per alcuni l’Italia ha incassato solo promesse, per altri ha recitato finalmente un ruolo chiave. Sta di fatto che, alla fine, il premier Conte si è dimostrato soddisfatto dei risultati raggiunti, chiosando con un “Da questo Consiglio esce un’Europa più responsabile e solidale. Adesso l’Italia non è più sola”.
Il documento. Nel documento finale, i leader europei si dicono “determinati a continuare e rafforzare” l’azione per prevenire un ritorno ai flussi incontrollati del 2015 e ridurre la migrazione illegale su tutte le rotte esistenti e nuove.
Per quanto riguarda i singoli punti dell’accordo, si rafforza il sostegno alla guardia costiera libica; alla Commissione i leader chiedono poi di “esplorare rapidamente il concetto di piattaforme regionali di sbarco” nei paesi terzi, che dovrebbero operare andando a distinguere le situazioni individuali dei migranti. Quanto alla presa in carico, si afferma che chi viene salvato sul territorio dell’Ue deve essere preso in carico sulla base di uno “sforzo condiviso” attraverso il trasferimento in centri controllati istituiti in alcuni Stati membri. Ma resta il fatto che questo dovrà essere fatto “solo su base volontaria”.
La ridistribuzione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri sarà possibile solo per quei paesi in prima linea che istituiranno i centri chiusi. Centri chiusi dove saranno effettuate le procedure necessarie per “distinguere tra migranti irregolari, che saranno rimpatriati, e chi necessita di protezione internazionale, per cui si applicherà il principio di solidarietà”.
I leader hanno anche concordato di trasferire 500 milioni di euro dal Fondo europeo di sviluppo per rifinanziare il trust Fund per l’Africa e di sbloccare la seconda tranche da 3 miliardi per la Turchia.
“L’Ue abdica alle sue responsabilità”. Medici senza Frontiere non entra nel merito delle vicende politiche, ma afferma: “Con 220 persone morte annegate, la settimana scorsa si è registrato il maggior numero di morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. Tutte tragedie evitabili. I governi europei hanno bloccato le operazioni di ricerca e soccorso in mare delle ONG, consegnando la responsabilità dei soccorsi alla Guardia costiera libica. I governi europei stanno finanziando, formando ed equipaggiando la Guardia costiera libica per intercettare barche alla deriva e rispedire le persone a bordo in Libia dove vengono detenute in condizioni disumane. In uno sviluppo senza precedenti, circa 2 mila persone sono state rispedite in Libia durante lo scorso fine settimana. All’arrivo sono stati condotti in centri di detenzione arbitraria senza alcun processo legale. Gli stessi governi europei, che solo pochi mesi fa, condannavano i rapporti su l’esistenza di mercati degli schiavi in Libia, sembrano oggi non avere alcuna esitazione nell’accelerazione di quelle politiche che potrebbero accrescere la sofferenza delle persone intrappolate in questo Paese. Persone il cui unico “crimine” è quello di fuggire da conflitti, violenze o povertà”.
“Gli stati membri dell’Ue stanno abdicando alla loro responsabilità di salvare vite e deliberatamente stanno condannando le persone a essere intrappolate in Libia o a morire in mare – dichiara Karline Kleijer, responsabile per le emergenze di Msf -. Lo fanno essendo pienamente consapevoli delle violenze e degli abusi estremi che migranti e rifugiati soffrono in Libia. Msf esorta i governi europei a mostrare un po’ di decenza e ricorda che stiamo parlando di vite umane e sofferenze umane. Possono iniziare impegnandosi nelle operazioni di ricerca e soccorso in mare e facilitare lo sbarco rapido nei porti sicuri più vicini, che non sono in Libia”.
Msf ricorda che le persone intrappolate nei centri di detenzione libici sono in gran parte prive di assistenza, dal momento che l’accesso alle organizzazioni umanitarie internazionali è notevolmente limitato. “Questo riduce la possibilità di monitorare la situazione e di poter fornire protezione. Nel corso dell’ultimo mese, Msf è stata tuttavia in grado di accedere a quattro centri di detenzione e ha condotto oltre 3 mila visite mediche. Le équipe mediche hanno riscontrato che i principali problemi di salute sono legati alle cattive condizioni di vita, incluso il sovraffollamento e la mancanza di acqua o servizi igienici sufficienti. Nonostante l’enorme bisogno di operazioni di un sistema di ricerca e soccorso, una campagna orchestrata contro le ONG sta raggiungendo un punto di rottura. Le ONG che operano in mare sono sempre più ostacolate nell’eseguire salvataggi in acque internazionali e viene loro negato l’accesso ai porti”.
“Salvare vite in mare non è un crimine – conclude Karline Kleijer -. Il messaggio che viene dai governi europei è forte e chiaro: l’assistenza umanitaria non è benvenuta. Le ONG sono il capro espiatorio di una tattica creata per distogliere l’attenzione dalle questioni reali: la mancanza di solidarietà o di visione e un sistema di asilo inadeguato. Queste azioni ci bloccano e ci impediscono di svolgere il lavoro che i governi dell’UE non riescono a fare, mentre disumanizzano le persone in stato di bisogno. Ogni morte causata da queste misure è ora nelle loro mani”.
Arci: “L’atteggiamento dell’Italia non fa gli interessi del paese”. “Un fallimento totale”. Filippo Miraglia, vicepresidente Arci e responsabile area sociale, migrazione e internazionale, non usa mezzi termini per definire l’accordo raggiunto tra i 18 Stati membri dell’Unione europea dopo 13 ore di trattative. “L’Italia, e gran parte degli altri Paesi, hanno puntato a non assumersi una responsabilità diretta e a scaricarla sugli altri – precisa Miraglia -, per cui vale il principio per cui chiunque, compreso il nostro Paese, può porre il veto. Ciò significa che l’accordo contiene solo formule vuote, come quelle del passato”.
“L’atteggiamento dell’Italia, scaricare le responsabilità e cercare il conflitto, sta portando solo a una chiusura da parte degli altri Stati – ha sottolineato Miraglia – Il risultato principale ottenuto da Conte e Salvini è, da un lato, un impegno degli altri Paesi ma su base volontaria quindi identico alla ricollocazione che sappiamo essere fallita, e dall’altro, la possibilità per i governi amici di Salvini ovvero quelli del Visegrad di chiudere in maniera stabile le frontiere interne e, quindi, bloccare i migranti sbarcati in Italia, al confine”. Nel punto 6 dell’accordo, infatti, si legge che “nel territorio dell’Ue coloro che vengono salvati dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria [..]. Tutte le misure nel contesto di questi centri sorvegliati, ricollocazione e reinsediamento compresi, saranno attuate su base volontaria”. Insomma, “con Salvini che pensa solo agli interessi del suo partito e non a quelli del Paese non si poteva che ottenere questo risultato”.
Naga: “L’Europa vuole diventare quello che non è: un’isola”. “L’Europa, che isola non è, aspira a diventarla sempre di più, la solidarietà è abolita per legge e al suo posto si instaura lo stato di Polizia generalizzato interno ed esterno”: il Naga, associazione di medici volontari di Milano, commenta così il documento approvato durante questa notte dal Consiglio Europeo in materia di immigrazione. “L’agognato vertice europeo sull’immigrazione ha partorito un meccanismo di chiusure progressive -sottolinea con sarcasmo l’associazione in un comunicato stampa – che ricorda un macabro reality in cui i concorrenti devono superare prove sempre più difficili e pericolose nel tentativo di arrivare alla meta con il rischio sempre presente di ritornare dal via. La produzione si annuncia molto costosa, i concorrenti tantissimi e l’esito scontato in termini di perdita di vite umane”.
Actionaid: “Prevale la strategia che punta all’esternalizzazione delle frontiere”. L’organizzazione in una nota: “Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte parla di solidarietà tra Paesi, ma al Consiglio Europeo sembra prevalere ancora una volta una strategia che punta alla piena esternalizzazione delle frontiere, piuttosto che alla protezione delle persone che è dovere di ogni Stato e tratto auspicabilmente distintivo di una Europa davvero solidale. In questo senso va la valutazione da parte della Commissione di hotspot in paesi terzi che il Consiglio definisce ‘piattaforme di sbarco regionali’. La creazione di questi centri non potrà prescindere dal consenso dei paesi africani coinvolti, che hanno in più occasioni espresso le loro perplessità. Esistono inoltre prove concrete che questi centri siano teatro di gravi abusi e che al loro interno i migranti siano sempre più esposti a trattamenti disumani e degradanti”.
“L’Europa si appresta pertanto a rafforzare un vero e proprio sistema di detenzione e respingimento dei cosiddetti ‘migranti economici’ prima ancora che possano mettere piede sul suolo europeo, mettendo in secondo piano i meccanismi e le norme di protezione dei diritti umani. Nelle Conclusioni manca qualsiasi riferimento ad una comprensione del fenomeno migratorio come un fenomeno strutturale globale e qualsiasi riferimento al pieno diritto a una libera circolazione delle persone”.