“Sono una donna libera”
La sala grande, intitolata a Carla Lonzi, era affollatissima di donne – e alcuni uomini – ieri sera (21 gennaio 2015) alla Casa internazionale delle donne a Roma. Si presentava l’autobiografia di Amina Sboui, la blogger tunisina divenuta famosa per le sue foto a seno nudo postate nei siti web – una foto in particolare, quella dove nel torace nudo aveva scritto in arabo “Il mio corpo mi appartiene”, la stessa che compare nella copertina del suo libro – famosa per essere stata una Femem in terra islamica, per aver sopportato l’isolamento in famiglia e la detenzione in carcere. Ed era proprio Amina in persona a raccontare la sua storia, ben scritta nel suo libro: prevedibile quindi la presenza di tante donne, la curiosità, la voglia di parlare con lei, di portarle comunque tutta la solidarietà del femminismo romano.
Erano state chiamate a presentare il libro la giornalista Azzurra Meringolo, l’economista e scrittrice Lia Migale e Bianca Pomeranzi, della Cedaw, Comitato Onu contro la discriminazione delle donne; ma in tante – e tanti – sono poi intervenute, interrogando Amina e confrontando contesti ed esperienze.
Il confronto più sentito ha riguardato le religioni e l’islam: “La religione è una questione privata che ognuno deve vivere dentro di sé”, ha detto Amina, e comunque “ i musulmani devono vivere l’islam come cittadini del XXI secolo”, non attestandosi pedissequamente sui versetti del Corano, del quale solo poche indicazioni sono ancora valide, certamente non quelle che sanciscono la subordinazione delle donne.
“Non sono più musulmana”, “non appartengo al femminismo islamico”, “non sono una Femem”, sono una donna libera. Dal femminismo islamico mi divide la mia libertà, dalle Femem mi allontana un percorso in parte diverso, che non prevede performance nei luoghi di culto.
E ad essere una donna libera, e così giovane, c’è voluto e ci vuole molto coraggio, se si vive in un paese musulmano, ha sottolineato Bianca Pomeranzi. Nei paesi islamici sia i finti diritti e il cosiddetto femminismo di Stato dell’epoca di Ben Ali, sia la retorica attuale sui diritti universali sono ininfluenti se non ci sono gesti di rottura anche individuali, emozioni messe a nudo – quelle di Amina, nella sua vita come nel suo libro – , relazioni difficili, anche con altre donne; ma, ha detto Amina, “in carcere ho conosciuto quelle che mi hanno compreso di più, quelle che ‘ti amiamo per quello che sei’, pur se diversa”, che hanno capito la mia lotta contro l’ipocrisia, in un paese dove i siti porno sono molto frequentati, ma dove non si accetta l’espressione di libertà di una donna.
Parlando della Tunisia, Amina è stata molto critica sull’intesa fra il partito di ispirazione laica e quello religioso: “Un tradimento”, l’ha definito, rispetto alle lotte della Primavera araba, che pur hanno conseguito l’obiettivo di una nuova Costituzione che sancisce l’uguaglianza e non più la complementarietà subalterna, di donne e uomini.
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