“Sono vecchia e me lo dice lo specchio che sono mia anche se non mi piaccio” – Il bello della letteratura che graffia, quando è poesia
Non vorrei tornare giovane, giammai, solo il pensiero di ripercorrere la paura di non piacere, di essere abbandonata e dovere abbondonare, mi fa ancora dolore e le ferite, quelle si, sembrano non essere vecchie.
Quando avevo venti anni ma anche oltre i 50, truccavo gli occhi con una matita nera, sempre, come lavarmi i denti, forse a sottolineare lo sguardo che seppure miope e dietro le lenti, vedeva bene da vicino ogni dettaglio.Oggi non lo faccio quasi più, col tempo sai.
Appena passo quel tratto di matita si disfa nella piccola ruga di lato e quella diluizione di colore mi disgusta, meglio tenermi le rughe, senza trucco.E lavarmi i denti che per fortuna non ho la dentiera.
E poi il grasso.
E’ come l’esposizione delle mie ansie e scontentezze, delle cose che non riesco a fare e quelle che faccio malgrado l’impegno promesso a me stessa, quel grasso in più a ballare, che nessuna veste larga colorata o nera, evita alla vista, anche sommaria, dell’altro.
Mi riusciva facile fino a pochi anni fa, scendere a un peso accettabile, godendo di un’ apparenza che osava camminare.
Cosa esporre ora che sono vecchia?
Non c’è niente di bello nella lotta quotidiana che disfa.
E’ iniziata da tempo la stagione dei sogni, in cui con una sottoveste mi aggiro in una vecchia casa, spoglia come me, poi procuro cibo a certi gatti intorno, poi mi ritrovo a partire, e arrivo su una nave dove scendono a migliaia con i bagagli e a me manca tutto qualunque borsa qualunque mezzo per comunicare, anche la voce, sono dentro a un autobus al capolinea ma nessuno sa dirmi dove va e dove devo andare io, nel sotterraneo di un ospedale e vago, senza angoscia ma con tanta stanchezza.
A volte perdermi in un viaggio e scriverne ancora, è un riconoscimento che mi regalo, come i capelli bianchi che sono nuvole acciuffate per sempre.
Sono mia, e vecchia. E’ quasi inverno.