Sorella morte corporale
Il terrore della morte pervade ognuno di noi, il senso di finitudine ci accompagna per tutta l’esistenza; nella societa’ odierna la morte e’ un tabù, benche’ esorcizzata e bandita, essa inesorabilmente cammina al nostro fianco. Fin dai primi anni di vita intuiamo la nostra finitudine ,avvertiamo il senso di morte che latente e costante ci accompagna lungo tutta l’esistenza. Ci arrampichiamo debolmente fiduciosi alla conoscenza ,alla scienza o alla fede religiosa ,come naufraghi ad un relitto, cercando una possibile soluzione : la salvezza dall’idea della morte che ci sovrasta. Costruiamo e sviluppiamo idee ,concetti e speranze per non precipitare nell’oblio delle nostre disperazioni.
La cultura occidentale ,oggi piu’ che mai, nasconde l’idea della morte ,la rifugge o la imbelletta per non dover sentirne il peso angosciante e smisurato che essa inevitabilmente suscita.
I media propongono sistematicamente la realta’della morte; giornali, televisione cinema ecc. ci raccontano le tragedie degli altri,le sofferenze fuori di noi, assistiamo a tali morti come spettatori di un rito mostruoso che miete vittime che al momento non siamo noi perche’ ancora vivi e partecipi della vita: ma fino a quando?
Le domande affioranti sono da sempre le medesime :- “ Chi sono?…, Cosa faccio qui?…, Cosa sara’ di me?”. Le fedi religiose, le filosofie cercano in ogni epoca di alleviare l’angoscia umana ; vorremmo certezze ma troviamo per lo piu’ dubbi da aggiungere ad ulteriori quesiti in una escalation lacerante. Divenendo adulti sviluppiamo un senso di rassegnazione, che culmina nella vecchiaia, quasi sempre, con l’accettazione del nostro inesorabile destino.
La morte in questa nostra epoca non e’, come in passato, un’esperienza intima e familiare ,vissuta dentro la casa dove adulti e bambini seguivano l’evento del decesso dei propri cari, come un fatto doloroso ma altresi’ naturale, un ciclo vitale in divenire, come le stagioni che passano.
I corpi dei defunti erano vegliati e salutati con un rito ben scandito , da grandi e piccoli , divenendo cosi’ esperienza viva e vissuta dove il dolore si cementava all’affetto ed alla consapevolezza di non essere lasciati soli nel momento del trapasso. Tutto cio’ produceva un “balsamo” di coraggio e forza di vivere che permetteva un confronto meno aspro con l’idea di morire.
Oggi raramente si muore nella propria casa, circondati dai propri affetti, gia’ nella vecchiaia aleggia il terrore di una solitudine forzata pre-morte vissuta in ospizi o ospedali spersonalizzanti ; la morte stessa e ’spesso considerata una malattia e non un processo naturale del percorso umano, si allontana il morente, non si sa cosa fare ,si ha paura.
I giovani ed i bambini sono tenuti da parte, sottratti il piu’ possibile dall’idea e dalla visione del morente o del defunto; la morte e’ al bando, censurata e nascosta portata via,lontano dalla famiglia,dalla casa e dagli affetti.
Si accentua cosi’ la vulnerabilita’ ,la paura ed il terrore si espandono perche ’oggi non c’e’ dignita’ nella morte ,si e’ doppiamente soli ed umiliati !
Pertanto difficilmente si apprende e si matura un rapporto “alla pari”con la propria morte e con quella degli altri ,raramente si costruisce una corrispondenza positiva tra l’essere vivi ed il destino di ognuno di noi.
“{Laudato si’, mi’ Signore
per sora nostra morte corporale,
da la quale nullo homo vivente pò skappare}”…
Così S. Francesco di Assisi pregava con semplicità nel famoso Cantico delle Creature, per ringraziare Dio di tutti i suoi doni, … compresa la morte e ancora Don Bosco, fondatore della Congregazione dei Salesiani, periodicamente proponeva ai suoi allievi gli Esercizi della buona morte, una sorta di indagine personale nella propria coscienza, come se dovessero lasciare il mondo per avviarsi all’ eternita’.
Detto cio’ non si impara a morire e come si potrebbe? La morte pero’ e’ parte della nostra vita e finche’ saremo vivi lei ci sara’ sorella, ecco perche’ tentare di escluderla e censurarla non ci allievera’ l’esistenza.
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