Storie della buonanotte. Un libro che nasconde un equivoco: ribellarsi non è sinonimo di successo
Da inguaribile femminista e da romantico e, a volte, patetico ribelle, ho deciso di regalare a mia figlia Sofia il best seller della Mondadori Storie della buona notte per bambine ribelli. Senza aver letto alcuna recensione e critica, mi sono ingenuamente affidato ad una delle presunte regole auree del mercato: se un prodotto vende così tanto, sarà almeno carino.
Ancora una volta però il mercato globale non si smentisce: se un’opera artistica raggiunge un successo eclatante significa che siamo in presenza di un’opera essenzialmente banale e innocua, sia da un punto di vista politico sia da un punto di vista sociale. Il libro, infatti, si fonda su un presupposto intellettuale profondamente sbagliato e disonesto: fa coincidere l’essere una bambina di successo con l’essere una bambina ribelle.
Se ciò vale per molte delle mini biografie presentate nel libro, certamente non vale per tutte e, anzi, in alcuni casi ci troviamo di fronte a storie di donne di potere punto e basta. Il caso più emblematico è ovviamente quello di Margaret Thatcher, la quale è presentate come una bimba ribelle nelle pagine immediatamente precedenti la vita di Margherita Hack. L’essere diventata la prima donna premier inglese, con tanto di epiteto maschilista “Lady di ferro”, fa della signora Thatcher una ribelle?
Cosa vi è di ribelle nel togliere il latte gratuito nelle scuole elementari e nel tagliare pesantemente il welfare state? Cosa vi è di straordinario nel chiudere le miniere e licenziare migliaia di operai? È manifestazione di ribellione precarizzare il lavoro, dichiarare guerra all’Argentina, aumentare l’export di armi e fare dell’Inghilterra il paese europeo guida del liberismo finanziario e speculativo?
Più che ribelle a me pare una donna cinica, conservatrice, di destra.
Storie delle buonanotte per bambine ribelli è un prodotto conformista, perfetto per un mercato globale acritico e astorico, in cui la Thatcher può tranquillamente convivere con Frida Kahlo o con Rosa Parks, tanto nella notte del mercato e del profitto tutte le vacche sono nere. E soprattutto bisogna escludere Rosa Luxemburg, in quanto rivoluzionaria, comunista e autenticamente femminista.
Personalmente suggerisco una nuova edizione con l’aggiunta di due capitoli dedicati a Sarah Palin e a Daniela Santanchè: sono due donne di successo e pertanto ribelli.
*Insegnante di filosofia a Torino. Ha aderito alla campagna Facciamo Comune insieme