Stupri: non diamo i numeri
Il dato numerico delle violenze, se pure impossibile da ignorare, non dà in nessun modo la consistenza del danno subito e della costante minaccia in cui le donne vivono in questo Paese.I numeri degli stupri “di strada” del primo scorcio del 2009, o meglio il renderli evidenti, conducono ad una {{visione emergenziale della violenza sulle donne}}.
_ Anche {{i femminicidi sembrano scomparire}}: oggi il problema del quale ama occuparsi la politica è la sicurezza nelle strade.
Una qualche positività ci sarebbe se dopo tanto allarme si illuminassero di più le strade, se stazioni, pullman, treni, dopo una certa ora, non divenissero terra di nessuno, ed a volte anche in pieno giorno.
_ {{Quello che è cambiato}}, perché qualcosa è cambiato, dal 2005 ad oggi, non è frutto né del clamore, né dello scambio di accuse tra desta e sinistra, né degli spot coi quali i governi insistono sulle vittime colpevoli di non denunciare, ma di un {{lavoro gratuito, forte e costante, responsabilmente assunto dalla politica autonoma delle donne}}.
Inutile rifare la storia dei soggetti che presero “parola pubblica” sul contrasto alle violenze e sulla sua centralità rispetto ad ogni programma di democratizzazione e di sviluppo, va piuttosto detto, che {{se quegli stupri oggi possono essere merce mediatica è perché le donne finalmente riescono a denunciare}}.
Non è stato facile arrivare a questo, ma ci si è arrivate perché delle donne nelle questure, nei commissariati, si sono fatte carico di aprire quei luoghi, ancora ostili, alla parola delle reti antiviolenza ed alle loro competenze.
_ I corsi di formazione per accogliere in modo degno il diritto a salvarsi delle vittime, non sono previsti dal ministero dell’interno, ma si fanno per gli accordi promossi dalle donne con le singole strutture territoriali, e si fanno gratuitamente, o comunque fuori dall’aggiornamento obbligatorio previsto..
Non è stato facile eppure ha cambiato inoltre in modo sensibile, il numero delle denuncie per violenza domestica, che è certamente la più diffusa.
_ {{Un cambiamento concreto è avvenuto inoltre proprio tra le donne e nel movimento}}, anche in quella parte che considerava terreno minato l’occuparsi di violenze, perché attinente alla presunta incapacità delle donne a mutare i rapporti con l’altro sesso, o addirittura perché materia relazionale e prepolitica.
Si è gradualmente {{resa evidente la strutturalità e fisiologia della violenza in un sistema che privilegia il genere maschile}}, si è resa evidente la quasi obbligatorietà a moderare con la forza la disobbedienza femminile in un sistema che si fonda sul ruolo puramente complementare delle donne.
_ Si è detto chiaramente che non sono le donne a voler subire la moderazione che viene loro imposta, ma avviene che la subiscano perché una serie di norme scritte e no concorre a questo.
Una parte di tutto ciò sta lentamente arrivando alla consapevolezza delle donne cosiddette comuni, che ad ogni occasione mostrano di comprendere sin dalle prime battute quando si affronta il tema delle violenze.
_ Il negazionismo, esiste ancora, ma decisamente non è più una moda anche se non c’è assunzione di responsabilità pubblica dei poteri forti.
Per chi ha messo in moto questo processo, nel territorio politico e di difesa delle donne, le cronache di questi giorni non sono che{{ la scrittura di una parte delle sofferenze ordinarie conseguenti ad un iniquo rapporto di potere}}, mentre per la maggioranza dei politici governativi del momento non sono che un elemento per far leva sull’opinione pubblica.
Lo stupro di strada, che è insieme ingiustizia ed avvertimento mafioso alle donne ormai troppo libere di uscire, è il terreno sul quale si esercita una politica che ancora non ha compreso che certe donne, proprio quelle che sono capaci di scendere in piazza, rappresentano una coscienza che si sta diffondendo e non si lascia irreggimentare da parti politiche ostili al loro protagonismo nella vita e nella pratica quotidiana dei diritti.
Le donne sanno, hanno sempre saputo e lo saprebbero tutti, se le accademie non avessero marginalizzato la letteratura “minore delle donne” , che la violenza c’è e la sua misura non sono i dati dell’Istat o dell’Eurispes, cioè la punta dell’iceberg.
{{La violenza sessuata può essere misurata}}, almeno per quanto riguarda la cultura che la sostiene, attraverso i commenti e le grossolanità dei politici, {{attraverso la constatazione dell’assenza di un investimento pubblico}} per prevenire e contrastare anche le sue forme più evidenti e conclamate, ed inoltre basta dare un occhio alla televisione o ai cartelloni pubblicitari, per constatarne la dimensione qualitativa.
Ora la politica vorrebbe essere interrogata su ciò che accade e su ciò che farà, quasi aspirando ad un consenso delle vittime per un progetto che le tocca da lontano, se non addirittura promette di aggravare la loro condizione. _ Invece molte vorrebbero interrogarla su ciò che è e, per esempio, su come prevede di superare la sottomissione umana nell’ includere “per grazia” poche donne là dove si decide.
{{Le leggi elettorali}} ed il loro saldo ancoraggio ad un sistema di inclusione autoritario, sono il segno di quanto la politica non voglia cambiare, perché toglie alle donne la possibilità intervenire sull’impianto legislativo che concorre a sostenere la cultura di violenza e di morte “necessariamente” inflitta alla metà del Paese. {{Per le donne non ci sono percentuali di sbarramento, queste leggi le mettono già fuori}}.
In quella metà del Paese ci sono le energie non solo per opporsi a ciò che avviene, ma anche l’avvertimento per ciò che sarà delle bambine e dei bambini, del mondo in cui vivono e vivranno, se il lavoro di cura sarà “pubblicamente” costretto a fermarsi sulla soglia meschina ed angusta di una casa, se le regole continueranno ed essere poste per eluderle e contraddirle con altre norme, se si continuerà a simulare che pedofilia, commercio d’organi, bullismo, nonnismo siano schegge impazzite e non la cifra di una cultura e di un’economia che li pratica e li avalla, sapendo che hanno un nome solo: violenza sessuata.
Anche da noi si chiama femminicidio, come a Ciudad Juarez, dove quelle donne e quelle bambine sono prima violate, commerciate e poi svuotate dei loro organi, anche da noi si chiama responsabilità pubblica oggettiva.
_ {{L’ inconsapevole ignoranza, non è più un alibi}}, né per il danno provocato all’interno dei confini, né per quello commesso altrove in nome dell’accordo tra stati: almeno per alcune donne, quelle che hanno la possibilità di non stare solo a guardare e non staranno a guardare continuando a fare ciò che fanno.
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