Sudan, Amnesty International definisce “ripugnante” la condanna a morte di una donna a causa della sua religione
Amnesty International ha definito ripugnante la sentenza con cui oggi un tribunale sudanese ha condannato a morte per apostasia e alle frustate per adulterio una donna cristiana all’ottavo mese di gravidanza.Meriam Yeilah Ibrahim, 27 anni, ha un figlio di 20 mesi che si trova con lei in carcere. e attende l’esecuzione.
L’accusa è quella di aver commesso adulterio in quanto, pur essendo suo padre musulmano ha sposato un cristiano.
Meriam è cresciuta in una famiglia cristiana ed è stata abbandonata da suo padre quando aveva sei anni. Ma poiché il padre è musulmano, è considerata tale dal diritto sudanese, il che rende nullo il matrimonio con chi non è musulmano, da qui l’accusa di adulterio.
Questo non le ha risparmiato le 100 frustate né, probabilmente, le risparmierà l’impiccagione.
Il giudice le aveva chiesto di rinunciare alla fede per evitare la pena di morte ma lei si è limitatata a dire: “Sono cristiana e non ho mai commesso apostasia”.
Amnesty International ha definito “ripugnante” che una donna possa essere cnodannata a morte per la sua fede religiosa, o frustata perché sposata a un uomo di religione diversa.
A difesa di Meriam, in attesa della sentenza, erano già scese in campo alcune ambasciate occidentali a Khartum. “Chiediamo al governo del Sudan – si legge in un comunicato diffuso in maniera congiunta dalle rappresentanze di Usa, Gb, Canada e Olanda – di rispettare il diritto di libertà di religione, compreso il diritto di ciascuno di cambiare la propria fede o le proprie credenze, un diritto che è sancito dal diritto internazionale e dalla stessa Costituzione ad interim sudanese, del 2005″.
Nel comunicato, si chiedeva anche “alla magistratura sudanese di affrontare il caso della signora Meriam con giustizia e compassione, in linea con i valori del popolo sudanese”. Meriam Yehya Ibrahim, attualmente in carcere col suo primo figlio di 20 mesi, e’ stata condannata a morte dopo aver rifiutato di rinunciare alla sua fede.
“Il fatto che una donna sia condannata a morte a causa della religione che ha scelto di professare e alle frustate per aver sposato un uomo di una presunta religione diversa e’ agghiacciante e orrendo. L’adulterio e l’apostasia non dovrebbero essere considerati reati.
Siamo in presenza di una flagrante violazione del diritto internazionale dei diritti umani” – ha dichiarato Manar Idriss, ricercatore sul Sudan di Amnesty International.
“Amnesty International considera Meriam una prigioniera di coscienza, condannata solo a causa della sua fede e identita’ religiosa. Chiediamo il suo rilascio immediato e incondizionato” – ha concluso Idriss.
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