Tiziana Cantone vittima di una cultura sessista
“Tiziana Cantone non è una vittima della Rete, ma di una cultura maschilista e sessista, violenta e volgare che usa Internet per colpire impunemente chi non può difendersi. Vergognoso è il comportamento di chi ha diffuso quei video e ancora più vergognosi sono i commenti di quanti affermano che se le è andata a cercare”. Lo afferma Pia Locatelli, capogruppo del Psi alla Camera e presidente del Comitato Diritti Umani.
Tiziana Cantone si è tolta la vita. Incapace di superare la vergogna per quel video hot con tanto di nome e cognome. Un video che la ritraeva che era finito in rete a sua insaputa. Da un anno e mezzo la vita di Tiziana Cantone, 31 anni, era diventata un calvario. Una spirale di vergogna che l’aveva costretta a fuggire dal suo comune di residenza, e che oggi l’ha portata a suicidarsi nell’abitazione dove viveva da qualche tempo, con la madre, a Mugnano, in provincia di Napoli. Una storia terribile su cui, ora, anche la Procura vuole vederci chiaro. È stato aperto un fascicolo contro ignoti con l’accusa di istigazione al suicidio e non si escludono altri reati che potrebbero emergere nel prosieguo dell’inchiesta, dalla violazione della privacy allo stalking.
“La legge contro il bullismo e il cyberbullismo che dovremmo approvare entro domani – ha aggiunto Pia Locatelli – serve proprio a prevenire e contrastare questi fenomeni e non a limitare la libertà di espressione, come affermano gli esponenti dei 5 Stelle. D’altra parte dai ‘bulli e… pupi’ che hanno posto nell’insulto le basi della propria politica non ci si può attendere un atteggiamento diverso”. La legge sul cyberbullismo verrà votata il 20 alla Camera. Domani (giovedì) si inizia con le votazioni dei singoli articoli. Il testo è stato già approvato in Senato, ma la Camera lo ha modificato allargandolo anche al bullismo e estendendolo non solo ai minori ma anche agli adulti. Tiziana Cantone, a causa della diffusione di quei video, aveva ingaggiato anche una battaglia legale per il diritto all’oblio. Il suo avvocato aveva ottenuto di recente dal tribunale di Napoli un provvedimento d’urgenza, ex articolo 700, con il quale si intimava a un social network di rimuovere post, commenti e contenuti multimediali relativi alla donna. Ma il danno ormai era fatto: malgrado lei avesse anche avviato le procedure per il cambio di cognome, la diffusione capillare delle immagini, della sua foto, delle generalità rappresentava una ferita non rimarginabile.