Tre anni fa moriva Barbara Cicioni
Nella notte tra il 24 e il 25 maggio 2007 morivano Barbara Cicioni e la sua bambina mai nata, vittime di violenza domestica.
La Rete delle donne AntiViolenza onlus, Perugia e l’Associazione Makeba, Marsciano la
vogliono ricordare a tutte le persone – donne e uomini – che considerano la violenza contro ogni singola donna un crimine contro l’umanità tutta.
Barbara è morta, ma la sua memoria vive nell’impegno a non dimenticare e a non lasciare altre donne sole a subire nel silenzio l’oltraggio delle anime e dei corpi.
Di seguito, l’articolo di Adelaide Coletti e Therese Korthals della RAV, Rete delle donne anti violenze onlus, uscito sul Corriere dell’Umbria, sabato 22 maggio 2010
{{Sono tre anni che è morta Barbara Cicioni}}, una giovane donna incinta di otto mesi e mezzo e già madre di due bambini. E’stata picchiata e soffocata con un cuscino dal marito nella loro villetta a Compignano di Marsciano.
Si tratta di uno dei tanti casi di violenza maschile sulle donne che avviene nella stragrande maggioranza all’interno delle mura domestiche da parte di un uomo “vicino”marito o compagno: un fenomeno diffuso, strutturale della società che ogni giorno miete vittime. La nostra regione non è affatto un’isola felice, con una frequenza agghiacciante vengono resi noti, attraverso la stampa, maltrattamenti e violenze ma non ci si può rendere conto fino in fondo dell’immenso sommerso.
La nostra associazione Rete delle Donne Anti Violenza Onlus si occupa della prevenzione e del contrasto della violenza di genere e attraverso la pratica di relazione con le donne ogni giorno veniamo a conoscenza di situazioni di indicibili sofferenze a causa delle violenze subite, soprattutto dal punto di vista fisico e psicologico.
Oltre la carenza di servizi in grado di fornire risposte adeguate, esiste {{un muro di omertà }}per cui la donna che subisce violenza vive in una profonda solitudine pur tra tanti amici, vicini, parenti che addirittura di fronte alle evidenze voltano le spalle oppure si ostinano a considerare la violenza come ordinaria pratica familiare.
Uno degli aspetti che ci ha più colpite durante i dibattimenti in aula del processo che ha visto unico imputato il marito Roberto Spaccino, poi condannato in primo grado all’ergastolo, è stato la normalizzazione della violenza agita, come se menar le mani per schiaffeggiare o aprire la bocca per inveire fossero legittimi strumenti per ristabilire l’ordine nel rapporto di coppia.
La violenza dunque come {{ultimo baluardo di una cultura misogina e patriarcale dura a morire ovunque}}, anche nelle nostre realtà, ci ha spinte a organizzare i presidi sotto il tribunale di Perugia coinvolgendo le associazioni e gruppi informali di donne, molte delle quali, proprio in virtù di questo percorso di partecipazione e confronto, si sono potute costituire come parte civile al processo.
L’azione della {{Rete delle donne Anti Violenza onlus}} si compone oltre che di attività culturali anche della progettazione e della messa in campo di una serie d’interventi sociali: progetti formativi per le scuole volti alla sensibilizzazione circa il fenomeno della violenza di genere, i gruppi di parola e di auto mutuo aiuto attivati a Perugia. La Rete inoltre non desiste dall’intento originario, ovvero quello di creare le condizioni per l’apertura di case protette a Perugia e nel territorio provinciale, e ad incalzare le istituzioni per rendere concretamente operativi i protocolli istituzionali stipulati tra comuni, ASL e Centro Pari Opportunità che prevedono, tra gli altri punti, proprio la predisposizioni di case protette. E’ mettendo sul tavolo di confronto queste priorità che la Rete delle donne ha partecipato al {{progetto Mai Più Violenza}}, che ha visto capofila la Regione dell’Umbria, e che noi speriamo non cada nel dimenticatoio. Gli anni di lavoro, i corsi di formazione seguiti, la cooperazione con le altre associazioni del territorio e con il CPO dell’Umbria , la concreta presa in carico di donne in difficoltà, ci hanno insegnato che non servono interventi di facciata e autoreferenziali per contrastare quello che è un fenomeno strutturale della società.
Proprio ricordando B.Cicioni insieme a tutte le donne vittime di violenza vogliamo contribuire a {{rilanciare il dibattito e il confronto}} su queste priorità politiche, assieme alle tante associazioni di donne che portano avanti un lavoro di costruzione quotidiana di modelli e pratiche d’intervento.
Non è più rinviabile l’individuazione di soluzioni volte a risolvere l’evidente carenza di servizi in grado di accogliere le donne che sono costrette a permanere in una condizione di violenza e dipendenza psicologica ed economica anche per la assenza di luoghi in grado di proteggerle e di sostenerle nel percorso di liberazione dalle condizioni che hanno determinato la violenza. E’ necessario {{mantenere vivo un dibattito e un confronto reticolare tra associazioni e istituzioni }}sulla necessità di mettere in campo strumenti concreti per la prevenzione e il contrasto della violenza maschile sulle donne, per assicurare che non accada mai più una tragedia del genere nella nostra provincia, nella nostra regione.
{{Adelaide Coletti, Therese Korthals }}- {Rete delle donne Anti Violenza onlus}
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