TRECCANI E L’ ARCHIVIO DE MARTINO propongono un percorso culturale che va dalla biennale di Venezia a PauLAB, una residenza che si svolgerà dal 21 al 29 giugno nella terra del rimorso al centro dell’interesse demartiniano
Questa mattina Massimo Bray (Direttore Generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana), Andrea Carlino (Université de Genève), Giovanni Pizza (Università degli Studi di Perugia), Marcello Massenzio (Associazione Internazionale Ernesto De Martino) e Giorgio Andreotta Calò (artista Padiglione Italia, Biennale Arte 2017), alla presenza di Vittoria De Palma, hanno presentato presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana la donazione dell’Archivio di Ernesto De Martino all’Istituto.
Nel corso dell’estate, i 47 faldoni che documentano il laboratorio di ricerca di De Martino saranno depositati presso Palazzo Mattei di Paganica – sede dell’Istituto Treccani – e verranno messi a disposizione del pubblico e della comunità di studiosi e artisti che da sempre trova nel lavoro demartiniano fonte di conoscenza e di ispirazione. All’interno dell ’archivio sono custodite le tracce documentali fondamento di alcuni degli studi che hanno segnato la storia della cultura italiana del XX secolo , non soltanto per i temi trattati, ma anche per la passione civile e politica che li animava. Basti ricordare Il mondo magico (1948) , Sud e magia (1959) , La terra del rimorso (1961) e il libro postumo sulle apocalissi.
“L’obiettivo di Treccani” spiega il Direttore Generale dell’Istituto Massimo Bray “in collaborazione con la comunità scientifica, che finalmente avrà a disposizione questo tesoro di documenti e di idee, sarà quello di rendere vivo l’archivio di uno studioso che, anche grazie al suo impegno al tempo stesso critico e politico, scientifico e sociale, è ricordato come il fondatore dell’antropologia italiana”.
È importante ricordare che il Padiglione Italia della 57° Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia è intitolato Il mondo magico, con esplicito riferimento al pionieristico libro di Ernesto De Martino del 1948 e a testimonianza dell’attualità del pensiero dell’antropologo napoletano.
Il Padiglione Italia alla 57° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (fino al 26 novembre 2017) curato da Cecilia Alemani, presenta le opere e la ricerca di tre artisti italiani – Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni Bey – il cui lavoro propone una rinnovata fiducia nel potere trasformativo dell’immaginazione e un interesse nei confronti del magico. Ernesto de Martino (1908-65), è stato uno dei pensatori chiave nello studio della funzione antropologica del magico, da lui indagato per decenni individuando nei suoi rituali i dispositivi attraverso i quali l’individuo tenta di padroneggiare una situazione storica incerta e di riaffermare la propria presenza nel mondo. Il libro Il mondo magico, scritto negli anni della seconda guerra mondiale e pubblicato nel 1948, inaugurava una serie di riflessioni e studi su quel complesso di credenze, riti e mitologie che avrebbero continuato a interessare de Martino nei decenni seguenti, come testimoniano sia la cosiddetta trilogia meridionale (Morte e pianto rituale, Sud e Magia, La terra del rimorso) sia gli scritti postumi raccolti nel volume La fine del mondo. Nel panorama dell’arte contemporanea italiana, Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni Bey si appropriano del magico come mezzo cognitivo ed espressivo per ricostruire la realtà, dando forma a complesse cosmologie personali. I tre artisti vedono il proprio ruolo non solo come artefici di opere d’arte, ma come attivi interpreti e creatori del mondo che rileggono attraverso la magia e l’immaginazione. Andreotta Calò, Cuoghi e Husni Bey non cercano nel magico una via di fuga nell’irrazionale, quanto piuttosto una nuova esperienza della realtà. Ad accomunarli non è tanto una specifica coerenza stilistica, quanto il desiderio di creare universi estetici complessi che rifuggono dalla narrazione documentaristica tipica di molta produzione artistica recente, per affidarsi invece a un racconto intessuto di miti, rituali, credenze e fiabe. Pertanto l’esposizione Il mondo magico guarda all’artista non solo come produttore di opere e oggetti, ma soprattutto come guida, interprete e creatore di nuovi mondi possibili.
Il progetto di Andreotta Calò per il Padiglione Italia, senza titolo ma che fa riferimentoa La fine del mondo, consiste in una grande installazione che divide il monumentale spazio dell’ambiente architettonico in due livelli, creando due mondi separati, complementari e opposti. Il visitatore accede all’opera dal livello inferiore, costituito da una foresta di tubi da ponteggio che sorregge una piattaforma di legno e che ricorda l’architettura di una chiesa a cinque navate; ad alcuni pali sono aggrappate una serie di sculture in bronzo bianco raffiguranti grandi conchiglie (Pinna nobilis), che evocano un mondo marino, oscuro e profondo. Alla fine dello spazio inferiore una scalinata conduce i visitatori al livello superiore, dove una vastissima distesa d’acqua si estende in corrispondenza di tutto lo spazio sotto cui si è appena passati. Il soffitto del padiglione si riflette e si ribalta nell’acqua, generando una visione vertiginosa e straniante, di cui lo -spettatore entra a far parte riflettendosi a sua volta in un grande specchio posto all’estremità dello spazio. La superficie d’acqua amplifica illusoriamente le dimensioni e i volumi del padiglione, ribaltandone l’architettura e generando un effetto simile a quello di un miraggio: un’immagine che è al contempo cristallina, vivida e volatile.
Lo sdoppiamento dello spazio riflesso nonché la configurazione dell’installazione in due livelli suggeriscono una riflessione sulla simbologia del doppio, che è un tema ricorrente in altre opere dell’artista, ma questi concetti si riallacciano anche ad alcune atmosfere esplorate da Ernesto de Martino in La fine del mondo, libro nel quale Andreotta Calò ha ritrovato molte corrispondenze con il proprio lavoro. In La fine del mondo l’antropologo descrive l’antico mito romano del mundus Cereris, secondo il quale nei pressi di Roma si trovava una fossa che fungeva da soglia tra due mondi, quello inferiore connesso agli inferi e quello superiore connesso alla realtà terrena e alla volta celeste. Tre volte l’anno, in un rito cerimoniale chiamato mundus patet, la fossa si apriva e si-mettevano in comunicazione il mondo dei vivi e quello dei morti.
Treccani Cultura – l’associazione senza scopo di lucro – si propone di stabilire e sviluppare un collegamento permanente tra il mondo culturale, scientifico, economico, imprenditoriale e l’Istituto della Enciclopedia Italiana – intende promuovere e sostenere alcuni importanti progetti nel campo della valorizzazione del patrimonio culturale italiano.
Dopo la Biennale di venezia – in ordine di tempo – l’altra iniziativa sarà PauLAB, una residenza che si svolgerà dal 21 al 29 giugno nella terra del rimorso al centro dell’interesse demartiniano , il Salento, coinvolgendo una cinquantina di studiosi, musicisti, danzatori, artisti e operatori culturali italiani e stranieri.
L’iniziativa di PaulLAB culminerà nel giorno della festa dei Santi Pietro e Paolo, nella piazza di Galatina, dove per secoli i “malati” di tarantismo si sono recati per ricevere la grazia dal Santo patrono, e dove si svolgerà uno-spettacolo/concerto aperto al pubblico.