Su ARCHEOSTORIE la recensione a firma di Nataly Pizzingrilli, sul libro dedicato a Trotula, la prima donna medico d’Europa

Trotula, la prima donna medico d’Europa. Una biografia

Circa un millennio fa una donna, a Salerno, praticava l’arte medica e fu la prima a scrivere di ginecologia, ostetricia e cosmesi nell’Europa occidentale. Il suo nome era Trotula.

Trotula c’è

Trotula è esistita ed era medico. Con questa affermazione forte e decisa prende avvio il nostro viaggio, guidati dal giornalista scientifico Pietro Greco, alla scoperta di una figura affascinante: quella di Trotula, medica della Scuola salernitana vissuta tra XI e XII secolo. Il suo Trotula. La prima donna medico d’Europa è appena uscito nella collana Profilo di donna dell’editore L’Asino d’oro, progetto che dà voce a figure femminili che si sono distinte nei loro ambiti professionali, soprattutto in quelli tradizionalmente considerati inaccessibili alle donne.

L’assertività dell’affermazione iniziale di Greco è giustificata, poiché egli insiste già dal primo capitolo sulla necessità di distinguere, nella vita di Trotula, tra verità, verosimiglianza e mito.

Ci sono infatti tante incertezze nella biografia di Trotula: appartenne davvero alla potente famiglia de Ruggiero? Quale e quanto prominente fu il suo ruolo presso la Scuola salernitana? E soprattutto: è possibile stabilire in via definitiva se sia vissuta nell’ XI o nel XII secolo?

Districarsi in questo ginepraio non è facile, ma Greco ci guida sapientemente tra fonti storiche, prove documentali (poche, a dire il vero) e ipotesi di studiosi come il latinista e filologo Ferruccio Bertini o come di Monica H. Green della Arizona State University, esperta di storia della salute della donna.

Eppure, un dato è incontrovertibile: una medica di nome Trocta o Trotta, conosciuta poi universalmente con il diminutivo di Trotula, è effettivamente esistita a Salerno. E da qui parte la missione di Greco.

Non solo Trotula

Una figura eccezionale, dicevamo. Ma non fu isolata. Nel corso di tutto il libro, Greco mette in chiara evidenza il contesto entro cui la storia della medichessa e quasi magistra si dipana. Dimostra insomma che Trotula è divenuta tale in virtù dell’ambiente e dei secoli in cui è vissuta.

Greco ci restituisce così l’immagine di una città, Salerno, che nell’XI e XII secolo è ben lontana da quella dei tradizionali centri urbani dell’epoca. Cosmopolita, laica, dinamica: la Salerno longobarda e poi normanna è l’humus ideale per il fiorire della scienza medica e della fama delle mulieres salernitanae.

Perché Trotula è stata la prima, e certamente la più capace e famosa, tra le molte mediche della Scuola, e ciò era ben noto ai commentatori medioevali: sono infatti all’incirca 60 i riferimenti alle mulieres salernitanae nei testi medici europei del XII e del primo XIII secolo a noi noti.

Medicina per le donne, tra tradizione e innovazione

Se Trotula si è distinta, tra tutte, come colei che ha inaugurato la ginecologia, l’ostetricia e più in generale la ‘medicina delle donne’ nell’Europa latina – “una medicina pensata per le donne e fatta da donne” – è anche grazie a trattatisti come Costantino l’Africano.

Viaggiatore, medico e traduttore delle opere di Galeno e del Viaticum di Ḥunàin Ibn Isḥaq – un medico arabo conosciuto in Europa come Giovannizio – Costantino è l’emblema della vivace realtà culturale della Salerno dell’XI secolo, e ha contribuito in modo sostanziale al recupero organico della medicina ellenistica e alla scoperta della più recente medicina islamica.

Trotula deve tutto a questa riscoperta dei classici, e scoperta del sapere islamico: il suo pensiero medico si muove all’interno del sistema galenico e non si distingue dai contemporanei nella filosofia naturale che sta alla base della sua pratica medica. Cosa l’ha distinta, dunque, al punto da farla spiccare sia tra i contemporanei che tra i protagonisti della riscoperta della sua figura nel XX secolo?

Greco insiste molto sull’attenzione che Trotula, prima tra tutti i medici e non solo tra le mulieres salernitanaepone sulla prevenzione, sull’igiene e sulla necessità di intervenire con ‘cure dolci’ in modo tale che il rimedio non sia peggiore della malattia. Ecco il suo pregio vero: una maggiore attenzione nei confronti della salute di ogni sua paziente, e la delicatezza e la premura nel metterla a proprio agio, in un mondo in cui spesso il pudore impediva alle donne di accedere alle cure mediche, somministrate soprattutto da uomini.

In questo quadro si inserisce anche l’attenzione per la cosmesi. A Trotula è infatti attribuito il primo trattato di cosmesi dell’Europa latina ed è un’opera pensata da una donna per un pubblico di donne di ogni ceto sociale. Questo perché curare il proprio aspetto, per Trotula, voleva dire prendersi cura di sé ed evitare i disagi psicologici e sociali derivanti dall’avere uno sgradevole odore o un viso dall’incarnato rovinato. Un approccio olistico e sorprendentemente moderno.

Anche la laicità delle sue opere colpisce noi lettori contemporanei. Benché Greco si curi di sottolineare la sua continuità con l’approccio della medicina islamica, stupisce non poco che Trotula descriva nei suoi scritti il desiderio sessuale femminile come qualcosa di naturale e non moralmente condannabile, discordando così sia dalla vulgata religiosa medioevale che da filosofi antichi come Platone.

Stupisce inoltre che, da buon medico, si preoccupi di evitare qualsiasi dolore alle sue pazienti senza esprimere alcun giudizio, come nel caso delle cure prescritte loro per sembrare vergini. Nessun moralismo ma anche nessuna amoralità: andare sposa non essendo più vergini poteva far soffrire molto nel XI-XII secolo, e Trotula voleva evitare la sofferenza delle donne.

Gli scritti di Trotula

Greco dedica tutta la seconda parte del libro a un’analisi dei testi di Trotula e della loro storia editoriale. Trotula infatti, secondo Greco, avrebbe scritto un’opera ampia e organica su tutta la materia medica, e le cinque opere in nostro possesso sarebbero degli estratti, realizzati da più autori vicini all’autrice, forse suoi assistenti, colleghe e colleghi. Da questa conclusione Trotula non esce affatto ridimensionata, anzi. La donna che scrisse per le donne, non si è limitata in realtà alla materia femminile ma si è occupata anche di medicina generale. Come qualsiasi altro medico dell’epoca.

Arrivare a questa rivelazione non è tuttavia così agevole per il lettore, a meno che non abbia un’infarinatura della metodologia filologica e in particolare della tradizione dei testi. Questa è forse la maggiore criticità dello scritto di Greco: per molti, la seconda parte potrebbe risultare molto più ostica rispetto al resto della narrazione, di lettura decisamente più agile.

Il paradigma del 2%

Mi si permetta un’osservazione conclusiva su progetti che, come Profilo di Donna, si concentrano su personalità eccezionali e, per scelta, non restituiscono la vita delle donne comuni del passato. Così facendo, perpetuano un paradigma della storiografia tradizionale: quello di parlare di forse il 2% di una popolazione composta per la gran parte, fino più o meno al secolo scorso, da ceti analfabeti che avevano come unico scopo la sopravvivenza.

E’ indubbia la maggiore difficoltà nel reperire fonti sulla gente comune, soprattutto documentarie. Ma in questo l’archeologia può risultare di grande aiuto per gli storici se è vero che, soprattutto nel caso dell’archeologia medioevale, i contesti materiali a noi noti sono decisamente meno ‘classisti’ rispetto alle opere di cronisti e letterati.

Pietro Greco
Trotula
l’Asino d’oro, pagine 206, euro 15
Il libro è attualmente acquistabile solo sul sito web dell’editore L’Asino d’oro.
L’acquirente riceverà immediatamente il formato ebook, e il cartaceo non appena sarà disponibile.