Un ‘genere’ di comunicazione
Dagli atti dell’Incontro Nazionale Separato ” Il privato è politico, il sociale è il privato” (Roma, 2 giugno 2012)*Può sembrare quasi superfluo sottolineare l’importanza che l’informazione e la
comunicazione hanno nel veicolare i valori del sistema dominante, eppure credo
sia fondamentale, in una giornata di approfondimento e di lotta come questa,
spendere {{una parola sul ruolo che i media hanno avuto ed hanno tuttora nel
perpetuare una cultura sessista}}.
Tutto il ‘progresso’ e la tecnologia degli ultimi decenni, si sono da subito
rivelati mezzi utili, alle volte fondamentali, per promuovere in maniera
capillare un preciso modello capitalista della donna e del suo ruolo all’
interno della società: il modello della donna “mamma”, della donna “casalinga”,
della donna “in carriera”, della donna “manager”, che si prestano alla
perfezione alla dialettica sfruttatore-sfruttato propria del capitalismo e di
cui si fanno megafono tutte quelle donne che credono che la risoluzione passi
attraverso la promozione sociale. Ancora oggi si tende troppo spesso, infatti,
a confondere l’emancipazione giuridica ed economica con quella sociale e
culturale che è invece strettamente connessa alla lotta di classe e che non può
quindi prescindere da una critica radicale della società neoliberista basata
sui criteri di produttività e di mercato. Criteri, questi ultimi, che trovano
nella televisione e nella pubblicità il massimo canale di promozione e
consolidamento.
La televisione, imponendoci l’immagine, ci ha educati {{all’immagine stessa, }}
facendo della donna un oggetto privo di contenuti, necessario soltanto a
vendere o ad aumentare l’audience.
Anche quando questa è messa a servizio della comunicazione di genere, ci si
limita spesso e volentieri soltanto alla censura del nudo femminile, senza
affrontare una reale discussione di genere, con il buonismo borghese
tipicamente utilizzato nei confronti di ogni minoranza con cui si scontra.
Aspetto ancor più grave dei mass media in genere è il vigere, negli spazi da
essi occupati, della dittatura del {vis grata puellae} ({{violenza gradita alla
ragazza}}), tipico della cultura maschilista, in cui una donna è spesso costretta
a fare buon viso a cattivo gioco, assecondando molestie linguistiche e
psicologiche e limitando la propria libertà sessuale. Questo tipo di condotta
risulta particolarmente pericoloso in quanto tende a normalizzare e
giustificare atteggiamenti violenti da parte degli uomini e si ripercuote nella
colpevolizzazione delle vittime da stupro che quotidianamente ci viene
propinata in forma più o meno esplicita.
C’è però da dire che negli ultimi anni si è verificato {{un ulteriore passo
avanti nel processo di svalutazione della donna}}. La determinazione e la mancata
accettazione della “pacificazione sociale” del movimento femminista, sono state
avvertite dalle istituzioni che hanno prontamente risposto con un raffinamento
della violenza di genere, che non si limita più ad essere arroganza palese ma
che si traveste da emancipazione consapevole.
Ed è così che {{nel 2010}} nasce {{la7d, d come donna,}} che propone una
programmazione “al femminile” in cui la cucina sembra essere la principale
preoccupazione ed occupazione; è così che {{nel 2011}} nasce il movimento {{“Se non
ora quando”}}, assolutamente interno al sistema e che appoggia ed è appoggiato
dal governo attuale; ed è così che in occasione delle manifestazioni contro le
discariche campane nascono le “mamme vulcaniche”, che pur portando avanti una
protesta contro il sistema, rimangono perfettamente aderenti ai ruoli da questo
impostogli ed anzi se ne fanno portavoce; ed è così che{{ nel 2007 }} nasce la
campagna {{“Rispetto per le donne”}} di Lactacyd, che sottoforma di sondaggi di
genere non fa altro che promuovere e divulgare stereotipi e pregiudizi sulle
donne. Utilizzando una metodica che ricorda tanto quella “del bastone e della
carota”.
Il potere e chi di dovere hanno ben chiaro{{ l’importanza della svalutazione
della donna e ancor più delle sue lotte.}}
Informazione e comunicazione non sono però soltanto strumenti di
manipolazione, ma anche di {{resistenza }} e di {{lettura alternativa}}, al servizio dei
cambiamenti sociali. Ed è proprio in questo ambito che si inserisce un altro
aspetto fondamentale dell’influenza esercitata dai mass media, non dipendente
da ciò che viene pubblicato, ma da ciò che non viene pubblicato.
Oggigiorno sembra infatti valere nella politica come nella società tutta, {{il
paradigma del “pubblico ergo sum”.}} Si esiste politicamente se si esiste
mediaticamente.
Siamo per questo costrette a fare i conti con il fatto che la vittoria di
questo ordinamento sociale, neoliberista e patriarcale, ha prodotto una forma
di neo-analfabetismo di ritorno rispetto alla politica. E questo comporta {{il
tentativo in atto di trascinare il femminismo in un indistinto femminile}}, con
una riproposizione forte dei ruoli che ci viene trasmessa in maniera prepotente
e insistente dai media.
E’ perciò necessario, in un mondo globalizzato che aspira al conformismo
assoluto di tutte le masse,{{ recuperare parole, categorie e rappresentazioni}} che
appartengano al percorso di liberazione e costruire realtà autorganizzate e
autonome anche nella comunicazione.
{per altri interventi vedi http://coordinamenta.noblogs.org/}
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