Mentre in tutta Italia quasi quotidianamente le donne continuano ad essere uccise dopo aver denunciato violenze da parte di mariti ed ex, il Consiglio dei Ministri è intervenuto con un pacchetto sicurezza che, nonostante alcune norme condivisibili, non è affatto adeguato a contrastare quei meccanismi di disprezzo dei diritti e della dignità delle donne che ostacolano il godimento del loro diritto alla vita e all’integrità psicofisica.
Questo decreto legge è stato approvato senza tenere conto di tutte le proposte e delle denunce fatte dai centri antiviolenza e di tutte quelle associazioni di donne che da anni lottano contro la violenza , sostengono le donne nei loro percorsi di autodeterminazione e si battono per una corretta informazione dei media sul femminicidio.

Le associazioni promotrici della Convenzione No More ritengono che questo decreto legge rappresenti una risposta istituzionale al femminicidio che, pur in presenza di alcune norme positive – come quelle che introducono obblighi di comunicazione nei confronti della persona offesa, estendono le possibilità di incidente probatorio in forma protetta ed introducono la possibilità anche per le persone maggiorenni di esame testimoniale in forma protetta – rimane disorganica e lontana dalle reali esigenze delle donne che vogliono uscire da situazioni di violenza e degli operatori e operatrici che devono supportarle in questo percorso. Come dimostrano gli ultimi tragici episodi, alle donne non è mancata la coscienza del pericolo, ma non sono state sostenute né protette dalle istituzioni alle quali pure si erano rivolte e che avevano il dovere di agire.

Il femminicidio non è un’emergenza ma come affermiamo da anni e ribadisce anche la Convenzione di Istanbul, è una questione culturale e politica profonda, che necessita di riforme strutturali. La discriminazione che le donne vittime di violenza subiscono nell’accesso alla giustizia, non può essere risolta solo attraverso misure di polizia. Ed infatti le misure contenute in questo decreto non rispondono alle azioni richieste al Governo italiano dal Comitato CEDAW e dalla Relatrice Speciale dell’ONU contro la violenza sulle donne, e sono ben distanti dal dare attuazione alla Convenzione di Istanbul e dal fornire effettiva ed immediata protezione alle donne che subiscono violenza.

E’ molto grave che il Governo abbia incluso nel decreto legge l’elaborazione del “Piano Straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (n.b.: la violenza sessuale è una forma di violenza di genere), prevedendo espressamente che debba essere attuato a costo zero, quando ancora non ha provveduto a verificare e rifinanziare il vecchio Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking, in scadenza a novembre. La prevenzione è la prima forma di protezione delle donne e non si può fare a costo zero.

Riteniamo urgente che tutte le Parlamentari ed i Parlamentari, ma in particolare coloro che hanno aderito alla Convenzione No More!, si adoperino per:
– Affrontare nel merito il decreto legge in relazione alle proposte fatta dalla Convenzione No more in particolare sulla prevenzione, protezione e promozione culturale contro la violenza;
– Chiedere la verifica immediata del Piano nazionale in modo da individuare con chiarezza le politiche prioritarie, le responsabilità istituzionali, i tempi certi di attuazione;
– Individuare immediatamente le risorse disponibili per l’approvazione del nuovo Piano Nazionale Antiviolenza, e sollecitare il Governo ad elaborare una bozza da sottoporre alla società civile, che indichi con esattezza le risorse allocate in ogni singola azione;
– Calendarizzare in tempi rapidissimi al Senato il disegno di legge n.860 per l’istituzione della commissione bicamerale sul femminicidio ;
– Convocare con urgenza un tavolo di confronto tra associazioni, parlamentari e governo per la definizione delle modifiche legislative necessarie ed efficaci per un contrasto strutturale alla violenza maschile e al femminicidio.

La Convenzione No More sarà ferma nell’impedire qualsiasi strumentalizzazione politica e mediatica della drammatica situazione che vivono in Italia le donne che vogliono uscire da situazioni di violenza, e vigilerà sulla corretta attuazione da parte delle Istituzioni delle Raccomandazioni ONU e della Convenzione di Istanbul, e della corretta informazione su quanto in esse contenuto, ricordando che le Istituzioni sono tenute a “consultazioni trasparenti e regolari, attraverso collegamenti formali ed informali con le ONG, in particolare con le associazioni femminili e le attiviste a difesa dei diritti delle donne, al fine di promuovere un dialogo costruttivo e partecipato nel raggiungimento dell’uguaglianza di genere”. (Raccomandazione n. 19c/2011 del Comitato CEDAW all’Italia)

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