E’ necessario dire forte e chiaro che non basta essere dentro ad un corpo sessuato per garantire una visione ed uno sguardo alternativo al dominio, al potere e al patriarcato.Gli anni di attivismo femminista e di ascolto, conflitto e confronto, nel
lavoro di scrittura e formazione sulle politiche di genere in Italia, mi
hanno rafforzata nell’opinione che è necessario dire forte e chiaro,
soprattutto a chi si affaccia con occhi e mente più giovane alla società e
all’impegno, che {{non}} basta essere dentro ad un corpo sessuato per garantire
una visione e uno sguardo alternativo al dominio, al potere e al
patriarcato.

Non basta essere gay per empatizzare con la differenza e il
disagio (il leader del partito olandese xenofobo, ucciso qualche anno fa,
era gay); non basta il colore della pelle per stare dalla parte dei deboli
(Condoleeza Rice era nera), non basta essere donna per sentire sulla pelle
l’urgenza di laicità e uguaglianza (l’on. Binetti, l’on Santanchè sono
donne, e mi fermo solo per motivi di spazio).

Questo è {{un momento storico
delicato,}} come altri nella vicenda umana, ma il fatto di avere a
disposizione la possibilità di confrontarsi e conoscere altre realtà grazie
alla tecnologia può aiutare le donne e chi abbia a cuore il cambiamento a
creare condizioni di resistenza e di pressione affinchè il cambiamento si
realizzi.

In Italia abbiamo nel passato recente vissuto {{alcune sconfitte
cocenti}} causate dalla incapacità di coesione su obiettivi chiari da parte
dei movimenti: l’emarginazione di {{Tina Anselmi}}, oggi tardivamente indicata
come possibile presidente della Repubblica; il non ottenimento da parte di
{{Lidia Menapace}} del titolo di senatrice a vita, nonostante le migliaia di
firme raccolte e le pressioni istituzionali; il mancato decollo di un ampio
dibattito sull’opportunità di liste di donne autonome dai partiti, e con
visioni progressiste, sia ai livelli locali che a quelli maggiori della
rappresentanza.

Oggi vediamo un certo interesse, molto mediatizzato e
focalizzato sul {{generico ‘ascolto’ delle donne}}, che però non entra nel
merito delle questioni di fondo, ovvero appunto si limita a dire che un
genere va valorizzato, ma non si sa perchè e su quali presupposti di
contenuto e di programma, di visione globale e particolare circa le
relazioni tra i sessi.

Vorrei essere esplicita fino in fondo: a Genova
erano candidate alle primarie tre donne. Sono femminista, ma non ne avrei
votato nemmeno una, e se avessi potuto avrei votato un uomo.

Non mi è mai
bastato, non mi basta e non mi basterà {{il generico essere di una donna una
mia simile }} perchè io possa affidarle {{un mandato}} (non una delega) sui miei
interessi e bisogni politici. {{Deve essere una donna con la quale poter fare un
patto di condivisione}}, per il suo mandato, sulle {{questioni di fondo urgenti}}
che necessitano una svolta: cambiare il paradigma economico, abbandonare la
logico dello sviluppo neoliberista, incidere sulla cultura sessista e
omofoba facendola diventare una priorità, ricostruire la signoria della
laicità nello spazio pubblico garantendolo dalle derive fondamentaliste,
ridisegnare il lavoro mettendo al centro la riproduzione. Mi fermo qui.

Il
50 e 50, ci insegnano le donne dei paesi nordici e alcune esperienze
africane, non basta a garantire equità e pari opportunità, perchè da sempre
{{nella storia prima del femminismo le donne sono state formidabili alleate
del potere}}.

Ragioniamo su questo, ricordando, come sosteneva{{ Rosa
Luxemburg,}} che {{chiamare le cose con il proprio nome è il primo gesto
rivoluzionario.}}

[