Una lepre con la faccia di bambina
Alla Casa Internazionale delle Donne di Roma (22-23 ottobre 2011)
l’associazione Donne e Scienza – con il contributo di Legambiente, La Nuova Ecologia, AP Roma, Genislab – ha offerto due preziose giornate di ricordi e riflessioni su Laura Conti (Udine 1921-Milano 1993), grande figura di Maestra spesso dimenticata, forse non solo perché donna, ma soprattutto perché scomoda. Obiettivo dichiarato era quello di rivisitare, con sguardo rivolto agli interrogativi di oggi, la vita l’opera di questa “poliedrica protagonista della scena pubblica, fondatrice dell’ambientalismo scientifico in Italia, anticipatrice di questioni e conflitti culturali, divulgatrice attenta, scrittrice appassionata”.
In occasione dell’incontro è stata annunciata la prossima uscita, per iniziativa di Legambiente, di {{una biografia di Laura Conti }} –che sarà il primo titolo di una collana dedicata a personaggi dell’ambientalismo italiano (La Biblioteca del Cigno-Editoria&Ambiente). Partecipavano i curatori del libro, {{Loredana Lucarini}} e {{Marco Fratoddi,}} e co-autori tra cui {{Chiara Certonà}} e {{Marco Martorelli }} (responsabile del Fondo Laura Conti), esperti e militanti dell’ambientalismo come {{Marcello Buiatti}} e {{Andrea Poggio}}, insieme a studiose il cui sguardo su scienza ed ecologia è stato segnato dal femminismo, come {{Flavia Zucco, Elena Gagliasso, Caterina Botti.}} Per l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Roma era presente {{Cecilia D’Elia}}.
Mi è sembrato una novità che si riparlasse di Laura Conti non soltanto per il rigore scientifico ed etico con cui affrontava i problemi ambientali – “{Che cos’è l’ecologia”} è del 1977, “{Questo Pianeta}” del 1983, ecc.-, per il suo impegno politico nell’antifascismo e nella sinistra, per il coinvolgimento nella vicenda di Seveso, per l’opera di “disseminazione culturale” ({{Pietro Greco}}), ma anche per l’autonomia con cui ha portato dentro l’impegno il suo essere donna.
Già nei suoi scritti più ancorati alla tradizione marxista scoprivo, con mio sollievo, aperture che avevano il timbro della {{libertà dalle interpretazioni dogmatiche}} (penso a qualche articolo uscito nei “Problemi del Socialismo” di Lelio Basso); in lei dava un senso libertà quell’attenzione per la natura, che preludeva al pensiero ecologista, e che mi sembrava legato anche alle esperienze di una individualità politica donna.
E’ vero, come ha detto {{Elena Gagliasso}}, che {{Laura Conti}} non si occupava, per esempio, dei problemi della salute vivendoli dall’interno come parte di rapporti tra donne, perché si era trovata in un contesto diverso dall’onda del femminismo. Ma la sua preoccupazione nei confronti degli equilibri del pianeta si inscriveva nella sensibilità di una donna che portava se stessa nel discorso sulle responsabilità politiche di chi governa.
{{Maria Palazzesi}}, della Casa Internazionale delle Donne, nel suo intervento su {“Letteratura come luogo politico}”, ha messo a fuoco il significato etico della parola che risalta nelle opere di narrativa: anche qui, come nella saggistica, il pensiero nasce dall’esperienza, la pratica del pensiero non è slegata dal vivere, si avverte il bisogno della cura nei confronti del vivente. Nel racconto “{Cecilia e le altre}” (su una vicenda di malattia mentale), si realizza, come nel femminismo, una sorta di “spostamento di coscienza”.
Ripercorrendo{{ alcune linee del pensiero scientifico di Laura Conti}}, {{Rosalba Conserva }} (Circolo Bateson) ha ricordato l’importanza della flessibilità mentale nella conoscenza dei sistemi viventi, che non dovrebbe esser ridotta ai criteri dell’economia (imbevuti di “miopia sistemica”), ma fare attenzione alla complementarietà dei fenomeni e all’intreccio dei processi. Solo così è possibile un’ “etica dell’agire sui sistemi viventi”, che in parte sembra l’eco di un antico monito sull’ “ordine naturale da preservare”.
L’approfondimento della dimensione biografica era affidato a {{Loredana Lucarini}}, che ha definito {{Laura Conti donna estrosa, poliedrica,”bizzarra”}} (nel senso che se fosse stata uomo la si sarebbe potuta definire “geniale”). Emotività ed affettività non sono scindibili dal suo pensiero politico e dalla sua opera narrativa, lei è sempre stata una donna autonoma, fuori dal coro. Questo aspetto è stato sottolineato anche da {{Marco Fratoddi}}, che ne ha ricordato i contrasti non solo con il PCI, ma anche con la dirigenza di Nuova Ecologia e di Legambiente.
Alla tavola rotonda conclusiva condotta da {{Letizia Gabaglio}}, che aveva per tema “{Oltre Laura Conti. Il futuro nel presente”}, hanno preso parte {{Nino Costa }} (Legambiente Toscana), {{Giovanni Rum }} (Genislab), {{Sergio Benassai }} (ingegnere nucleare), in tema di modello di sviluppo e di scelte energetiche, {{Cecilia D’Elia}} (Assessorato Politiche Culturali Provincia di Roma), che ha collocato Laura Conti tra le immagini femminili mortificate in Italia, tanto che alcuni ne sono addirittura eredi inconsapevoli. {{Caterina Botti}} (filosofa, Università di Roma La Sapienza) ha riportato all’ attualità un libro dimenticato di Laura Conti, “{Il tormento e lo scudo. Un compromesso contro le donne}” (Mazzotta 1981), che affrontava dalla prospettiva di uno stato laico le disposizioni della legge 194 sull’aborto. Caterina stessa lo ha scoperto di recente, trovandovi ampia materia per gli odierni dibattiti di bioetica. L’interesse per la rilettura nasce dal fatto che Laura Conti si poneva all’incrocio tra scienza, ambiente, libertà femminile, in un momento in cui si poteva sperare che sapere e politica diventassero comunicanti. Poi hanno prevalso, purtroppo, la delega agli esperti e una politica tanto debole nella sua incompetenza, quanto arrogante nel dettare leggi. Oggi per altre strade, diverse dalla politica istituzionale, si stanno sviluppando competenze nella società, a partire da questioni concrete legate al corpo e alla salute. Così come è accaduto dopo Seveso, ma la strada è in salita. …
Al termine della prima giornata, l’attrice {{Patrizia Zappa Mulas}} è stata ascoltata in commosso silenzio durante la lettura di numerose pagine da “{Una lepre con la faccia di bambina}”, il romanzo di due adolescenti di diversa condizione sociale nella tragedia di Seveso (Editori riiuniti, 1978).
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