Una mattinata in classe, a parlare di stupro
Un antico, raggelante ritornello: le donne sono una fortezza da espugnare, gli uomini degli arieti che a testa bassa partono e non si possono fermare. Se la formazione delle giovani generazioni ai sentimenti e alla sessualità resta
dominata dalla televisione della De Filippi e dai telefilm perché stupirsi?”Cosa si può fare quando chi ha potere abusa di chi non ne ha? Almeno farsi
avanti, e gridare forte la verità. Farsi avanti per se stessi, farsi avanti
per gli amici, farsi avanti anche se si è da soli”. E’ uno dei passaggi più
significativi di {{North country – storia di Josie}}, film fortemente voluto
dall’attrice {{Charlize Theron}} che interpreta la parte della prima donna che
fece causa negli Stati Uniti per molestie sessuali alla miniera dove
lavorava, creando così un precedente per l’introduzione nell’ordinamento
nordamericano delle class action, (le azioni di categoria) incentrate sui
diritti sessuati.
I fatti sono del 1989, ma {{ciò che il film racconta è cronaca di oggi:}} il
sessismo in un microcosmo lavorativo tutto maschile, i pregiudizi nei
confronti di una giovane madre single, la diffidenza e la mancanza di
solidarietà da parte dei colleghi, e soprattutto delle colleghe, la
solitudine di chi per prima alza la voce nei confronti di abusi che non sono
riconosciuti come tali.
La protagonista ha anche {{un figlio adolescente, avuto in seguito ad uno
stupro da parte di un insegnante}}, quando era appena sedicenne, e come di
consueto c’è chi avanza il dubbio che lei se la sia cercata. L’avvocato, che
si chiede come ci si possa difendere dagli abusi dice in modo diverso quello
che la womanist femminista nera {{Alice Walker}} scrisse a proposito della
condizione delle afroamericane ne {{Il colore viola}}: “Le persone spesso cedono
il loro potere pensando di non averne affatto”.
E’ proprio questa la sensazione che lasciano {{i due incontri, che fanno parte
di un percorso più ampio di formazione sulla differenza di genere in alcune
scuole genovesi}}, finanziato nell’ambito del {{progetto Rigenera}}.
Che molti
giovani non sappiano il potere che hanno, che non siano stati formati ed
educati alla possibilità di fare scelte, e che le uniche strade per dirsi
siano quelle più facili, violente e di superficie.
Una delle scuole del progetto è{{ il Bergese, Istituto Professionale per i
Servizi Alberghieri e Turistici,}} circa 700 giovani lo frequentano nella
popolosa delegazione di Sestri Ponente. La scuola è attivissima, ero già
stata lì per l’esame finale delle ultime classi, che nel caso
dell’alberghiero è una cena completa, un’occasione speciale ed emozionante
nella quale tutte le future e i futuri maturandi si cimentano in sala con
l’armamentario che sarà il loro futuro lavoro: il servizio, l’abbigliamento
e la postura, la cucina, l’attenzione verso i commensali. Il progetto
Rigenera prevede incontri con alcune classi, e la scelta è quella di
servirsi di un film da vedere insieme per entrare direttamente nel tema
della violenza maschile contro le donne, per provocare reazioni e dibattito
tra ragazze e ragazzi.
Così come in altre scuole salta subito all’occhio che {{non ce la fanno a
stare fermi e attenti per più di pochi minuti}}: il fatto di non separarsi mai
né dal cellulare né dall’ipod, e l’essere abituati alle interruzioni in tv
sembra avere indotto una mutazione antropologica rispetto alle generazioni
precedenti. Molti insegnanti mi confermano che la percentuali di disturbi
dell’attenzione è altissima.
Con le quarte (sono circa una sessantina) la scintilla scocca ancora prima
del film: quando cito le cifre sulla violenza e le molestie in Italia e nel
mondo {{un ragazzo salta su come una molla}}: “Va bene parlare di stupro, però
le ragazze a volte esagerano. Non mi va bene che se, per esempio, io bevo un
po’ una sera, incontro una anche bevuta, e poi dopo succede qualcosa, al
mattino lei venga fuori con la storia che l’ho stuprata.” Ci siamo. Una
ragazza, seguita da altre, risponde arrabbiata al compagno: il fatto di
avere alzato il gomito non giustifica il saltare addosso ad una ragazza,
perché un ragazzo è più forte fisicamente e può imporsi. Butto lì anche la
questione dell’abbigliamento: {{essere provocanti e svestite è un’attenuante
per il violentatore?}}
Su questo si dividono quasi nettamente: {{le ragazze
rivendicano il fatto di potersi vestire come vogliono}}, (tranne una minoranza
che sostiene che se ti metti troppo in vista te la vai a cercare, e si
prendono un lieve applauso da parte di un gruppetto di maschi), mentre i
ragazzi, tranne uno, si descrivono come ‘più animali’ delle femmine, e
quindi incapaci di trattenersi. La deriva parte da qui, dalla convinzione
che comunque esista una ‘naturale’ predisposizione del maschio
all’incontinenza istintuale: hanno solo sedici, diciassette, anni e già sono
certi che maschile sia sinonimo di pulsione sessuale selvaggia.
Attenzione:
quando passo all’ovvia conclusione, che cioè stanno dicendo che tutti gli
uomini sono potenziali violentatori, {{ecco che non ci stanno.}} Nonostante le
cifre che ho fornito siano lì, scritte su un grande foglio bianco, e
inchiodino gli uomini italiani in grande maggioranza su quelli stranieri, (e
gli uomini della cerchia familiare più di quelli sconosciuti) come autori
abituali degli abusi scatta la ribellione.
No, non è vero: {{gli stupratori sono gli altri. Rumeni, albanesi, di certo
non gli italiani, non quelli ‘come loro’ sono i veri violenti}}.
Dopo il film,
che dice con chiarezza che sulla violenza contro le donne c’è spesso una
tacita connivenza della comunità, {{scatta in classe la difesa del territorio}}.
Ecco le motivazioni: intanto il film è ‘vecchio’ (la vicenda è del 1989, il
film è stato girato nel 2005). Poi {{la violenza che racconta è esagerata}}, e
ora non è più così, le donne lavorano dappertutto, non c’è più
discriminazione. “Lo sa {{cosa ci vuole per rimettere le cose a posto?}} – dice
a voce alta uno dei ragazzi più chiacchieroni, la faccia pulita e infantile.
– Pi{{ù armi, pena di morte e castrazione, ma non quella chimica, quella
fisica, magari in piazza, così, per dare l’esempio}}”.
{{La matassa è
intricatissima}}: stupro, sicurezza, razzismo, violenza generale, paura, odio,
impotenza si intrecciano, in un mix reso ancora più micidiale dall’assenza
di informazione e di approssimazione mediatica.
Il giorno dopo ci sono le quinte. Anche qui la prima reazione è di difesa:
nel film si parla di Stati uniti, c’è la miniera di mezzo, certo che non è
un posto da donne, e comunque ora tutto è tranquillo nel mondo del lavoro.
Quando accenno al fatto che oggi, in Italia, ci sono aziende che fanno
firmare alle giovani donne dichiarazioni nelle quali loro si impegnano a non
restare incinte pena il licenziamento si ammutoliscono, così come cala il
silenzio quando snocciolo i numeri della violenza in famiglia.
L’impressione è che, {{se si riesce a fare fermare quel tanto che basta la
loro attenzione sulla materialità e concretezza dell’argomento}}, se il
parlare delle relazioni tra uomini e donne passa dalla lontana teoria alla
pratica dei loro rapporti, dei loro corpi, {{allora la musica cambia}}. Una
ragazza con grande coraggio racconta che un fidanzato la riempiva di lividi,
e che per molto tempo, dopo la rottura lui l’ha perseguitata. La reazione
dei compagni è quasi unanime: quello non era normale. Però, grattando sotto
la superficie, ecco che riemerge {{l’adagio dell’animalità maschile}}: in fondo
bisogna capire che i maschi sono più reattivi, e quindi uno schiaffo ci può
stare, la gelosia è brutta ma è anche sintomo di attaccamento, l’amore non è
bello se non è litigarello, le donne dicono spesso no con la bocca ma in
fondo un po’ bisogna forzarle. Hanno diciotto, vent’anni ma esprimono
concetti analoghi a quelli dei loro nonni.
E’ un antico, raggelante ritornello: {{le donne sono una fortezza da
espugnare, gli uomini degli arieti che a testa bassa partono e non si
possono fermare.}}Del resto se la loro formazione ai sentimenti e alla sessualità resta
dominata dalla televisione della De Filippi e dai telefilm perché stupirsi?
Almeno questa scuola sta provando a intercettarli, ma quante sono le scuole
in Italia dove questo accade?
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