Una pretesa femminile di onnipotenza, o meglio un potere sotterraneo radicato nella complementarietà?
E’ giunto per noi il tempo di esprimere un conflitto visibile che non si risolva in conciliazioni individuali, individualmente pagate a prezzo di sacrifici inenarrabili. E’ tempo di attivare il conflitto (inedito perché mai in precedenza riconosciuto) sullo snodo, di sesso e di classe. Tempo di agire per il sovvertimento del sistema capitalistico/patriarcale, particolarmente esoso in Italia su entrambi i versanti.Vengo da Milano, sono presidente dell’associazione Osservatorio sul Lavoro delle Donne e associata alla Libera Università delle Donne.
_ L’obiettivo che mi propongo partecipando a questo seminario è quello di contribuire alla costruzione di una rete fra donne, associate e non, interessate al tema dell’attività femminile nel lavoro per il mercato e nella cura.
A Milano, nell’ultimo anno sono stati creati due luoghi, a partecipazione prevalentemente femminile, che hanno la particolarità di essere pubblici e mettere in circolo narrazioni, pensieri, proposte radicate in diverse esperienze esistenziali.
_ Luoghi pensanti e propositivi di obiettivi e di azioni: si tratta dell’Agorà del Lavoro e del Tavolo del Lavoro presso la Commissione Pari Opportunità del Comune presieduta da Anita Sonego.
Penso che si dovrebbero creare connessioni sempre più strette fra questi e altri luoghi di pensiero e pratica politica innovativi, che valgano a squilibrare e modificare dalla radice l’attuale, infelice, stato delle cose. Ritengo questa una capacità e responsabilità femminista.
Ieri, dall’interessante confronto nel tavolo di discussione su “lavoro/non lavoro delle donne” è emerso che il lavoro, questione centrale, si articola per le donne nel doppio aspetto dell’attività (poco) remunerata per il mercato e nella cura, sostegno delle vite e dei corpi in ambito famigliare. Ciò che rende indispensabile una migliore articolazione dei tempi che consenta conciliazione e condivisione.
La mia opinione è che la questione dei tempi richieda un’acuta attenzione critica, allo scopo di non predisporre noi stesse un’altra trappola per le donne, causata dalla ben nota abnegazione femminile.
La riflessione è indotta da alcuni esempi: l’atteggiamento collaborativo delle operaie della Luxottica che hanno accettato immediatamente la recente proposta padronale di essere adibite al turno di lavoro dalle 5 alle 13, per poi dedicarsi alla cura dei figli e ai lavori domestici fin verso le 21/22 e crollare in un sonno scarsamente riparatore fino alle 4 del mattino successivo.
_ Ritratto di esistenze femminili composte a tessera di mosaico (la ripartizione dei tempi lo consente) che complessivamente mostra uno stile di vita non degna di essere vissuta per eccessivo sacrificio di sé. E’ la cura degli altri che implica il sacrificio di sé.
Un’attitudine alla donazione di se stessa che per le donne troppo spesso slitta dalla famiglia al mercato, in regime quasi di donazione per la scarsità di riconoscimento economico e di carriera. C’è un altro aggancio al tempo e alla cura -questa volta l’apparente cura di sé, per contrastare gli effetti del tempo che passa- in un episodio che mi è stato raccontato.
Una lavoratrice informatica super specializzata rammentava come la cura della pelle, delle occhiaie, il mascheramento dei sintomi di stanchezza, siano necessari per apparire svelte come ventenni anche a quarantacinque/cinquanta anni, per rispondere ai parametri produttivi dell’impresa, per non discostarsi dalla norma, anche a prezzo di uno sforzo costante e faticoso di controllo su se stesse. La cura di sé, la cura degli altri, anche la cura del/nel tempo.
Una pretesa femminile di onnipotenza, o meglio un potere sotterraneo radicato nella complementarietà cui le donne non intendono rinunciare, come è stato detto nella riunione dell’Agorà che ha preso in esame la problematica?
Propendo per quest’ultima ipotesi: il problema sta nella complementarietà che produce il desiderio adattativo -frutto di colonizzazione interiore- che evita il conflitto, aderisce alla norma sociale, propizia approvazione anche e soprattutto perché si inserisce nel flusso delle aspettative del sistema capitalistico/patriarcale cui fornisce una stampella essenziale.
E’ giunto per noi il tempo di esprimere un conflitto visibile che non si risolva in conciliazioni individuali, individualmente pagate a prezzo di sacrifici inenarrabili. E’ tempo di attivare il conflitto (inedito perché mai in precedenza riconosciuto) sullo snodo, di sesso e di classe. Tempo di agire per il sovvertimento del sistema capitalistico/patriarcale, particolarmente esoso in Italia su entrambi i versanti.
Niente di meno mi aspetto da una rete di donne attiva nelle questioni del lavoro: prendere l’iniziativa del cambiamento più radicale, iniziando col mettere al centro un netto contrasto rispetto al sentimento maschile della loro superiorità di “produttori” e della loro priorità nella aggiudicazione delle risorse disponibili, eliminando il misfatto della divisione sessista del lavoro.
_ Porsi come primo obiettivo la condivisione di tutti i lavori necessari per vivere, imporre l’autorappresentanza delle donne in tutti i luoghi sociali, una rappresentanza di sé e di bisogni e desideri radicati in una differente esperienza esistenziale, che non è quella del soggetto unico maschile, corretta con qualche marginale aggiustatina.
Rivendicare anche dallo Stato italiano l’erogazione universale e incondizionata di un reddito di base e di provvidenze indispensabili a vivere una vita degna e libera dal bisogno, non sottoposta a ricatti spesso drammatici, per costruire ognuna il proprio libero progetto esistenziale.
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