Una società ‘distratta’ rischia il totalitarismo
“Quando vivi senza più dare attenzione agli altri di base regredisci al tuo lato più primitivo, che è intollerante e pieno di pregiudizi. Il pensiero veloce è questo: categorizzazioni semplici. Perché odiare è molto più facile che cercare di capire.
Io credo che la cultura della distrazione porti in modo abbastanza diretto al fascismo, alle culture autoritarie. È questo oggi il vero pericolo”.
Le parole di Maggie Jackson, autrice di Distracted, http://maggie-jackson.com/books/distracted/ libro che racconta come l’abuso delle tecnologie stia portando l’umanità all’involuzione (lei la definisce dark age) sono soltanto uno dei passaggi più significativi del documentario Verso un nuovo Fascismo. Analfabetismo e propaganda, realizzato da Presa diretta: quindici minuti intensi e pieni di spunti che dovrebbero essere visti in ogni scuola italiana. https://vimeo.com/295333263?fbclid=IwAR2gqwRBKbE90GNkR3QEZZ3MpJQkm4rfj9N58APHbAyBE_boTPfLzAJfMJE
Il video mi è tornato alla mente quando, nel giro di poche ore, i media italiani hanno raccontato l’evolversi della miserevole vicenda social del compleanno a sorpresa in un supermercato organizzato da una nota coppia di vip non ancora trentenni la cui vita, e i cui guadagni, sono regolati dal ritmo dei post https://www.repubblica.it/le-storie/2018/10/24/news/_diciamo_che_lo_diamo_in_beneficenza_il_labiale_di_fedez_a_ferragni_sul_cibo_sprecato-209831929/?ref=search
Organizzata con l’aiuto della di lui genitrice, (oggi il trend è quello sì di essere madri, però manager suona decisamente meglio) la festa doveva essere l’ennesima trovata ‘carina’ per soddisfare l’insaziabile guardonismo dei milioni di seguaci della coppia, ma si è trasformata in un boomerang: il paradosso è sempre in agguato quando si scherza con il consenso costruito sul vuoto. Un minuto prima sei un mito da osannare, qualche secondo dopo la stessa massa che ti ha acclamato ti insulta e minaccia. Lo sciame digitale, per sua natura ottuso, mutevole e violento non perdona.
Sanzionati come spreconi da una parte dell’audience guardona (ma se tutto è merce perché non si dovrebbero lanciare panettoni e verdure a caso?) il duo holding è stato colto, come in Truman Show https://it.wikipedia.org/wiki/The_Truman_Show
nel momento del breefing per trovare soluzione al rischio di perdita di like: “Diciamo che diamo tutto in beneficenza”, è la traduzione del labiale. Coerentemente con il religioso nulla pneumatico sul quale si regge il successo social il problema non è ciò che si è appena fatto, ma trovare la soluzione per non perdere l’indispensabile consenso necessario al mantenimento dello standard.
Nella terza stagione della serie Black mirror https://it.wikipedia.org/wiki/Black_Mirror_(serie_televisiva)
la prima puntata dal titolo Caduta libera racconta una società regolata dal gradimento social. Va tutto benissimo fino a che i like sono molti, ma quando la fortuna gira sono dolori. Una trappola perfetta, un universo concentrazionario dipinto come un paradiso dai toni pastello dal quale si dipende in tutto e per tutto. Ma perché guardare una (se pur bellissima) serie tv quando la realtà ha ampiamente superato la fiction?
Da quando, negli anni ’80, si aprì il vaso di Pandora con l’arrivo del Grande fratello, il nonno dei reality d’oggi, due generazioni sono state nutrite a realtà virtuale come se questa fosse la vita vera. Dall’essere strumento la tecnologia è velocemente diventata un fine: laddove (tardivamente) si provi a riportare nella dimensione giusta mezzi e mete si misura come il veleno sia già ampiamente in circolo.
In uno dei primi recenti esperimenti italiani di scuola smartphone free le reazioni delle classi sono state molto simili a quelle di chi soffre di dipendenza da sostanze, ed essere dipendente è il contrario della libertà e della capacità di esercitare giudizio e critica https://video.repubblica.it/edizione/parma/piacenza-viaggio-nella-prima-scuola-italiana-con-la-tecnologia-anti-cellulari/314508/315137
L’impressionante sèguito che hanno i testimonials del nulla sulle giovani generazioni deve allarmare non poco il mondo dell’educazione: avere molte memorie esterne con tanti dati salvati non significa saper usare quei dati, se il cervello è vuoto e non li sa elaborare.