Seconda puntata del racconto di Valeria Moretti ispirato a Isadora Duncan.

per l’estate 2022, quattro appuntamenti con i racconti di Valeria Moretti.

La prima puntata è stata pubblicata il 3 agosto. La trovate a questo link. La terza puntata mercoledì 17 agosto.


Eleonora Duse e il viaggio in Grecia

Chère,

il mio cuore ti aspettava da tanto tempo.

Ho lasciato stamattina per te al Grand Hotel questa lettera e dei fiori. Chère Isadora, des roses de campagne, fiori del mio giardino. Dimmi che non sei troppo triste di essere in una stanza d’albergo. Cara, ho sperato tutto il giorno di poter essere con te e domattina presto verrò a prenderti. Perdonami di non averlo fatto stasera. Piove a dirotto e non mi sento bene. Ti abbraccio e ti ringrazio… di essere venuta così vicino a me in questo momento che è per te senza vita e senza arte.

Spero che questo tuo soggiorno al mare, così sola, non ti sia troppo penoso. Shelley ti parlerà. Sogna, lavora e trova nella tua bella energia il coraggio che ti occorre.

Viareggio 13 settembre 1913

Era Eleonora Duse a scrivermi:

Quando Eleonora mi venne incontro mi sentii come Dante quando in Paradiso incontrò Beatrice…

Facevamo insieme delle lunghe passeggiate  in riva al mare. Un lampo rigava a volte improvvisamente le onde. “Guardate, Shelley… è lì, cammina sull’acqua. Troverete consolazione e pace soltanto nella vostra arte ma, ne perdez pas la belle douleur”.

Poi partii per la Grecia…

Ah, la Grecia…! Che poesia, che divertimento e che fatica!

Eravamo scatenati e piacevolmente irresponsabili come solo da giovani si è.

Fu mio fratello Raymond a decidere che il nostro viaggio doveva essere primitivo. E primitivo lo fu davvero. La traversata da New York a Londra la facemmo in compagnia di centinaia di buoi venuti dal Middle West che si agitavano  giorno e notte muggendo in continuazione. Fu anche per questo, credo, che diventammo tutti vegetariani!

Da Londra siamo andati a Venezia e da Venezia partimmo per la Grecia  a bordo di un piccolo vapore mercantile.

“Andiamo a vedere la roccia dalla quale Saffo si gettò disperata in mare?”

“Urrah!”

Raymond spiegò, con ampi  gesti e qualche parola di greco, che volevamo che la nostra traversata somigliasse il più possibile a quella di Ulisse. Il pescatore aveva l’aria di non capire chi fosse questo Ulisse. A più riprese ci mostrava il cielo dicendo “bum, bum” per farci capire che minacciava un temporale. Quando finalmente approdammo, tutti gli abitanti della costa ci corsero incontro. Cristoforo Colombo, la prima volta che arrivò in America, non deve aver suscitato tanto  stupore tra gli indigeni quanto noi quando ci videro inginocchiarci e baciare il suolo.

Raymond invocava “Zeus Olimpico”. Io le Muse…

“I nostri canti risveglieranno Dioniso e le sue Baccanti addormentate”.

Non c’erano né alberghi, né ferrovia. Passammo la notte tutti nella stessa camera, la sola che l’osteria potesse offrirci. Non dormimmo molto… Raymond si mise a parlare della saggezza di Sofocle, Elisabeth dell’amore platonico, io di Afrodite, Augustin del fascino di Nausicaa, la mamma della purezza della musica gregoriana e arrivò l’alba. Riprendemmo il viaggio.

La mamma era seduta su un carro a due cavalli che conteneva anche le nostre valige e noi camminavamo davanti sventolando dei rami di lauro. Altro che dee dell’Olimpo! Mi sentivo Minerva in persona…. A proposito, ma perché Minerva doveva nascere dalla testa di Giove?  Non sarebbe stato meglio farla nascere direttamente da quella di Giunone?

Facemmo la strada che Filippo di Macedonia aveva percorso con la sua armata più di 2000 anni prima.

Il Partenone ci apparve al chiarore dell’alba… profumo di  violette… silenzio… estasi…

Io dissi che il clan Duncan doveva restare eternamente ad Atene per costruirvi un tempio e che quel tempio sarebbe stata la nostra vera casa.

Con grandissimo stupore da parte degli abitanti del luogo decidemmo di buttare alle ortiche scarpe e vestiti “degenerati” per indossare esclusivamente tuniche e sandali.  Che gioia camminare sull’erba a piedi nudi! Partimmo alla ricerca di un terreno adatto per il nostro tempio. Lo trovammo e lo comprammo con i pochi soldi che avevamo.

Ci accorgemmo soltanto in seguito che ci avevano imbrogliati. Non c’era acqua.

Si vede che gli dei, quella volta, non erano dalla nostra parte! Fu il nostro cavallo di Troia! Sconfitti, fummo costretti a tornare indietro.

Mi ricordo anche quella che volta che abbiamo avuto per pubblico esclusivamente delle signore della buona società inguainate nelle loro guepières, avvolte nei loro struzzi… Scuotevano nervosamente le loro aigrettes alla vista delle mie tunichette…

Io gridai fiera: “Lasciatemi essere pagana!”

In fondo alla sala c’era una signora dall’aria severa che mi osservava con l’occhialetto.

“Sì – esclamò – lasciatela essere pagana”.

Era Cosima Wagner.

“Sì, lasciatemi essere pagana” ripetei io.