Una vittoria proprio in occasione della festa dell’8 marzo: l’obiezione di coscienza non può impedire la corretta applicazione della legge
Pubblichiamo l’ampio comuncato con cui la Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione legge 194) diffonde la notizia che il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa ha ufficialmente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 – intendono interrompere la gravidanza. Milano, 8 marzo 2014 – Oggi, a seguito di un reclamo collettivo dell’associazione non governativaInternational Planned Parenthood Federation European Network (IPPF E N che dagli anni 50 si batte in 172 paesi per potenziare l’accesso ai programmi di salute delle fasce più vulnerabili ), il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa ha ufficialmente riconosciuto chel’Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 – intendono interrompere la gravidanza, ha ufficialmente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che -alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 – intendono interrompere la gravidanza, a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza. Il ricorso è stato presentato contro l’Italia al fine di accertare lo stato di disapplicazione della legge 194/1978 e il Comitato Europeo ha accolto tutti i profili di violazione prospettati.
La legge 194/1978 prevede che, indipendentemente dalla dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici, ogni singolo ospedale debba poter garantire sempre il diritto all’interruzione di gravidanza delle donne. Oggi purtroppo, a causa dell’elevato numero, sempre crescente come dimostrano i dati forniti da IPPF EN nell’ambito del giudizio davanti al Comitato Europeo (documentazione reperibile in www.coe.int/socialcharter), di medici obiettori, alcune strutture si trovano a non avere all’interno del proprio organico medici che possono garantire l’effettiva e corretta applicazione della legge. Questo riconoscimento di violazione può essere riconosciuto come una vittoria per le donne, e per l’Italia, e mira a garantire la piena applicazione di una legge dello Stato, la 194, che la Corte costituzionale ha definito irrinunciabile.
La battaglia iniziata quasi due anni fa (il Reclamo collettivo n. 87 del 2012 è stato depositato l’8 agosto 2012) ha visto la partecipazione di diverse associazioni tra cui LAIGA, da sempre impegnata per l’effettiva applicazione della 194 “Siamo felici di questo risultato” – dichiara {{Silvana Agatone}}, Presidente della LAIGA – “che è il frutto di anni di lavoro della LAIGA che ha fatto da catalizzatore mettendo in contatto l’organizzazione internazionale non governativa IPPF EN e l’Avv. Prof. {{Marilisa D’Amico}} e l’Avv. {{Benedetta Liberali}}, avviando il percorso che ha portato alla condanna dell’Italia, fornendo fondamentali dati sulla reale non applicazione della legge n. 194”.
L’associazione non governativa International Planned Parenthood Federation EuropeanNetwork (IPPF EN,) è stata assistita e difesa dall’Avv. Prof. Marilisa D’Amico e dall’Avv. Benedetta Liberali.“Come donna, ancor prima che come avvocato, sono particolarmente felice che oggi sia stato ribadito un diritto fondamentale sancito dalla legge dello Stato italiano” -dichiara l’Avv. Prof. {{Marilisa D’Amico }} – “oggi è la giornata in cui si celebra la donna e suona quasi beffardo, che a trent’anni dall’approvazione della legge 194 ancora si debba combattere nelle istituzioni competenti per affermare un diritto per noi donne definito costituzionalmente irrinunciabile. Mi auguro che al più presto vengano presi tutti i provvedimenti necessari per applicare la legge in tutte le strutture nazionali”.
“La vittoria di oggi e’ un successo importante perché l’obiezione di coscienza non é un problema solo in Italia ma in molti altri paesi europei. IPPF, che da piu’ di 60 anni lotta nel mondo per garantire a tutte le donne i loro diritti e l’accesso alla salute sessuale e riproduttiva, vuol fare emergere la mancanza di misure adeguate da parte dello Stato italiano a garantire il diritto fondamentale alla salute e all’autodeterminazione delle donne. Siamo molto felici che il Comitato Europeo abbia stabilito che l’Italia debba risolvere una volta per tutte questo problema”: così dichiara {{Vicky Claeys}}, Regional Director di IPPF EN.
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