VENTIMIGLIA – “Il linguaggio femminile. La donna preistorica dalla Dame du Cavillon a Marija Gimbutas”. Un pomeriggio di racconti e immagini dedicati allo studio della figura femminile nella preistoria a partire dai lavori di Marija Gimbutas.
Dopo che l’esame del Dna, effettuato su alcune ossa appartenenti alla triplice sepoltura scoperta ai Balzi Rossi di Ventimiglia, ha attestato che l’Uomo di Mentone è in realtà la Donna del Caviglione, il Museo dei Balzi Rossi propone un’iniziativa per ricordare il lavoro dell’archeologa Marija Gimbutas, a cui va il merito di aver studiato per prima le culture della Grande Dea. Così, sabato 22 settembre, alle 16, si terrà infatti “Il linguaggio femminile. La donna preistorica dalla Dame du Cavillon a Marija Gimbutas”. Un pomeriggio di racconti e immagini dedicati allo studio della figura femminile nella preistoria a partire dai lavori di Marija Gimbutas. Interverranno Eugenia Isetti, curatrice del volume “Archeology of Grotta Scaloria” dedicato a Marija Gimbutas e Santo Tinè, e Luisa Vicinelli, Associazione Le Matriarcali – Armonie di Bologna, che introdurrà il film “Segni fuori dal tempo – un omaggio a Marija Gimbutas”.
Marija Gimbutas è stata un’archeologa e linguista lituana. Studiò le culture del neolitico e dell’età del bronzo della Europa Antica, un’espressione da lei introdotta. I lavori pubblicati tra il 1946 e il 1971 introdussero nuovi punti di vista nell’ambito della linguistica e dell’interpretazione della mitologia.
Marija Gimbutas giunse negli Stati Uniti come rifugiata dalla Lituania nel 1949 dopo aver conseguito un dottorato (PhD) in archeologia nel 1946 all’Università di Tubinga in Germania, ma non dimenticò mai le sue radici baltiche. Iniziò all’Harvard University traducendo testi di archeologia dell’Europa orientale, e divenne assistente al Dipartimento di Antropologia. Nel 1955 divenne Fellow dell’Harvard’s Peabody Museum.
Nel 1956 Marija Gimbutas introdusse la sua “ipotesi kurgan”, che coniugava lo studio della cultura kurgan con la linguistica al fine di risolvere alcuni problemi concernenti gli antichi popoli parlanti il proto-indo-europeo (PIE), che qualificò come genti “Kurgan”. Questa ipotesi e il suo atteggiamento multidisciplinare ebbero un impatto significativo sull’indoeuropeistica.
In qualità di professoressa di archeologia alla UCLA University dal 1963 al 1989, Marija Gimbutas diresse i maggiori scavi dei siti del neolitico nell’Europa sud-orientale tra il 1967 e il 1980, grazie ai quali furono portati alla luce una gran quantità di manufatti artistici e di uso quotidiano risalenti ad un periodo precedente a quello che si riteneva a quel tempo l’inizio del neolitico in Europa.
Gimbutas si guadagnò una reputazione di specialista mondiale dell’età del bronzo indoeuropea, nonché del folklore lituano e della preistoria dei balti e slavi, parzialmente riassunta nel definitivo Bronze Age Cultures of Central and Eastern Europe (1965), ma ottenne una fama inaspettata con i suoi tre libri: The Goddesses and Gods of Old Europe (1974), The Language of the Goddess (1989) — che ispirò una mostra a Wiesbaden (1993-1994) — ed il suo ultimo libro The Civilization of the Goddess (1991), che presentava una panoramica delle sue teorie circa le culture del neolitico in Europa: configurazioni architettoniche, strutture sociali, arte, religione e letteratura. Il libro discuteva le differenze tra gli elementi del sistema della “vecchia Europa”, da lei considerato matriarcale e ginocentrico, e la cultura patriarcale portata dagli indoeuropei nell’età del bronzo. Secondo la studiosa, questi due sistemi si sarebbero fusi generando le società classiche dell’Europa storica.
Nel suo lavoro Marija Gimbutas reinterpretò la preistoria europea alla luce delle sue conoscenze in linguistica, etnologia e storia delle religioni, proponendo così un quadro in contrasto con le tradizionali assunzioni circa l’inizio della civiltà europea.