Violenza: Agire è obbligatorio, contrastare è possibile
Di fronte al fenomeno della violenza contro le donne ed alla continua crescita dei femminicidi, che sono la conseguenza di maltrattamenti, stalking, disparità di condizioni economiche, sociali e politiche tra i due generi, sopravvivenza di stereotipi irrispettosi e arcaici nei confronti delle donne, pretendiamo un impegno serio e concreto da parte dello Stato. D’altronde, anche la UE richiama tutti i Governi al dovere della “due diligency”, la diligenza dovuta a prevenire e contrastare la violenza contro le donne.
Lo Stato italiano deve farsi carico di tutte le azioni indispensabili, stanziando risorse economiche, infrastrutture di sostegno e persone.
L’Italia è del tutto inottemperante rispetto agli standard internazionali circa il numero dei centri antiviolenza relativamente alla popolazione, ed è stata fino al 2009 l’unico Paese europeo a non avere un Piano Nazionale Antiviolenza, e tuttora le proposte legislative sono assolutamente inadeguate.
Sul piano culturale, che rappresenta l’humus ed il brodo di coltura di tutti i comportamenti aggressivi contro le donne, l’Italia è stata fortemente redarguita dalla commissione CEDAW delle Nazioni Unite nella sessione dello scorso luglio per la rappresentazione scorretta e irrispettosa delle soggettività femminili, non solo in ambito mediatico e pubblicitario ma anche nel discorso pubblico, con esplicito riferimento alla narrazione ed alla rappresentazione delle donne da parte di personaggi pubblici.
Inoltre i tagli recenti, in tutte le regioni, anche se in misura diversa, hanno colpito servizi indispensabili, quali le case di accoglienza e di sostegno alle donne, e hanno ridotto il personale negli sportelli sociali e nei commissariati.
Sono necessari e urgenti invece stanziamenti significativi non solo per i servizi ma anche per sostenere economicamente le donne che decidano di denunciare. Molte amministrazioni preferiscono, in questo momento, finanziare servizi di segno opposto, quali le “case dei papa’ separati” o i cimiteri dei feti non-nati.
Contemporaneamente, molti Enti territoriali hanno cominciato a finanziare servizi antiviolenza resi da organizzazioni religiose o laiche che non sono organizzazioni di donne e che non lavorano in ottica di genere, disattendendo le raccomandazioni internazionale secondo le quali l’accoglienza alle donne vittime di violenza deve essere resa secondo la pratica della relazione politica tra donne.
I recenti appelli contro i femminicidi sono importanti, ma non basta la buona volontà di qualche amministratore o il coraggio della associazioni di volontariato, né l’azione generosa delle associazioni di donne che da anni denunciano e intervengono.
E’ ora di essere conseguenti: la gravità della situazione e il radicamento delle sue cause, richiedono un programma di azione pluriennale non negoziabile che preveda:
– un Piano Nazionale Antiviolenza condiviso da governo (interno, giustizia, coesione sociale, istruzione, sviluppo economico, sanità ) istituzioni parlamentari, amministrazioni centrali e realtà territoriali, associazioni e servizi;
– un sistema di collazione dei dati disaggregati per sesso ed età della vittima e dell’autore di reato, che possa rendere quantificabile il fenomeno della violenza contro le donne;
– mappatura sul territorio di tutte le infrastrutture esistenti e individuazione delle strutture mancanti, al fine di un intervento differenziato a seconda delle esigenze (elenco delle strutture minime: case, consultori, sportelli ecc);
– finanziamenti pluriennali a servizi antiviolenza gestiti da donne secondo la pratica del “donna ascolta donna” raccomandata da UE, ONU e organizzazioni internazionali;
– forte coinvolgimento del personale docente per il superamento degli stereotipi di genere nell’insegnamento, perché si realizzi un’intensa campagna di educazione al rispetto reciproco e alla pari dignità di uomini e donne, fin dalle scuole dell’ infanzia. Gli stereotipi si superano infatti solo per mezzo di una precoce e radicale critica, al fine di realizzare in profondità i principi affermati dalla nostra Costituzione sul valore di ogni persona umana;
– mappatura e responsabilizzazione degli enti locali per l’accesso ai servizi di intervento e di accoglienza di donne vittime di violenza;
– obbligo per la televisione pubblica di fare programmi di formazione e di affermazione della pari dignità di donne e uomini;
– ripristino dei fondi dedicati alla formazione del personale di polizia, carabinieri, vigili urbani;
– costruzione di una cultura e di modalità di intervento condivise, anche attraverso un’azione di coordinamento dei soggetti coinvolti, comprese le associazioni di volontariato.
Lascia un commento