Violenza contro le donne: chi paga?
Pubblichiamo dal sito di ‘Sinistra europea’ una riflessione sui dati contenuti nella Relazione Trimestrale di Monitoraggio sul lavoro di Call Center, Servizio telefonico 1522 – Le donne vittime di violenze.
Spazzati via venti milioni. Non che siano tantissimi ma certo erano moltissimo per gli oltre cento centri antiviolenza che in Italia si occupano di dare protezione e un tetto a donne sole, ragazze-madri maltrattante, per lo più straniere, con bambini piccoli. Storie di senza nome, poco performanti da un punto di vista mediatico, e però passa anche da questi Centri antiviolenza il livello di civiltà di un paese.
“{{Il primo atto del governo contro la violenza sulle donne? Un bel taglio al Fondo istituito dalla Finanziaria 2008 con 20 milioni di euro}} per il sostegno alle vittime e la prevenzione” denuncia Vittoria Franco, ministro ombra del pd per le Pari Opportunità che chiama in causa il ministro Mara Carfagna: “Cosa intende fare il neo ministro? Se n’è accorta?”.
Il ministro potrà riflettere su cifre e dati. I numeri dicono che in Italia ci sono {{14 milioni di donne vittime di violenza di cui ben tre milioni tra le mura domestiche}}, drammi vissuti nel silenzio e nell’indifferenza. Una risposta, un segnale di aiuto e di una possibile via di fuga, è arrivato in questo anni soprattutto dai Centri anti violenza. Che ora restano senza fondi. Che fare? Vittoria Franco ha già presentato un’interrogazione al governo
{ {{Relazione Trimestrale di Monitoraggio sul lavoro di Call Center, Servizio telefonico 1522 – Le donne vittime di violenze. I dati del Periodo 16 settembre/27 dicembre 2007 }} }
Nell’arco del trimestre si sono avute 3.183 telefonate così ripartite mensilmente: settembre con il 7,5% dei contatti, ottobre con buona distanza ne ha raccolti il 22,5%; seguite da quelle maggiormente cospicue di novembre (46,5%) e da quelle di dicembre che ritornano a testarsi sul 23,5%. Inoltre, le giornate in cui ci sono verificati i picchi di chiamate sono state tutte entro il mese di novembre.
Le Regioni da cui sono arrivate le telefonate in realtà sono, in parte, coincidenti anche con i principali territori locali. Infatti, sul totale di 3.183 telefonate, le donne hanno chiamato principalmente da Roma (287), Napoli (210), Milano (169), Torino (123), Firenze (55), Genova (51), Bologna (48), Brescia e Padova (45), Catania (42), Palermo (36) solo per citare le principali
Per quanto concerne i territori regionali che hanno espresso più di altri la curiosità di conoscere il funzionamento del servizio ed essere informati sulle varie possibilità di fuoriuscita dalle vicende di violenza, si può dire sia in testa il Lazio e la Lombardia seguite dalla Campania, quasi alla stessa stregua Piemonte, Emilia Romagna e Veneto (rispettivamente il 7,4%, il 7,3% e il 7,1% delle chiamate).
Va detto che questa cospicua percentuale di chiamate può dipendere da vari fattori; innanzi tutto da un più acceso dibattito politico sul tema della violenza di genere accompagnato talvolta da azioni seminariali ed incontri pubblici con la cittadinanza promossi dalle amministrazioni pubbliche più attente; in secondo luogo del {battage} pubblicitario sul servizio 1522 per mezzo stampa e televisione che più incisivamente si è impresso nell’immaginario collettivo soprattutto nei comuni aderenti al progetto sulla sicurezza denominato ‘città Urban’.
Complessivamente se si guarda alla distribuzione delle chiamate delle donne vittime di violenza per macro aree si rileva in questo trimestre che, nonostante le {{regioni del nord rimangano in testa con il 41,1% delle chiamate}}, si registra anche una importante crescita, a partire dal quinto trimestre, dei {{contatti telefonici provenienti dai comuni del sud ed isole (34,7%)}}. Il centro dell’Italia rimane più o meno stazionario ma diminuisce rispetto al sesto trimestre (24,1% rispetto al precedente 29% dei casi).
Occorre dire inizialmente che {{le straniere in questo confronto tra i due campioni di utenti analizzati rappresentano il 12,4% sul totale}} e che, rispetto alla sesta relazione di monitoraggio sono ora in aumento di quasi due punti percentuali.
Per quanto attiene al profilo delle donne che hanno contattato il servizio autodefinendosi vittime di violenza si possono ribadire in questa sede alcune caratteristiche che già altri studi e ricerche sul tema hanno fatto emergere.
Si tratta prevalentemente di {{donne che si trovano in fasce di età piuttosto a rischio, quando cioè si è nel pieno della vita produttiva e riproduttiva}}. Per le italiane si registra un’età che è di un range superiore nel confronto con le donne straniere che risiedono nel nostro paese.
Infatti, nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 30 anni troviamo il 9,6% delle italiane contro il 25,1% delle seconde. Queste ultime aumentano inoltre percentualmente nella fascia successiva dei 31-40 anni (38,7% contro il 26,9% delle italiane); paritetica la quota delle italiane e delle straniere comprese tra i 41 e i 50 (27,3% e 27,1%), mentre per le ultime due fasce di età superiori in anni hanno riguardato maggiormente le italiane chiamanti il 1522.
{{Le donne che hanno chiamato in quanto vittime di violenza sono impegnate nella vita prevalentemente nella gestione e cura della casa e della famiglia}} (28,7% le italiane e 26,3% le straniere); le donne lavoratrici italiane (se si considerano le modalità lavorative del tempo pieno, del part-time e dell’autonomia) arrivano a cumulare un 32,5% di poco inferiore alla percentuale raccolta tra le donne straniere (30,2%) che però registrano una percentuale di disoccupate e di lavoratrici in nero più elevate (rispettivamente il 24,8% e il 10,4%%). Le lavoratrici italiane, invece, che hanno chiamato il call center e che soffrono per queste particolari condizioni lavorative sono le une il 12,8% (diminuiscono le disoccupate rispetto al sesto monitoraggio) e le altre il 2,7% del sotto gruppo. Anche il lavoro autonomo e, a maggior ragione la pensione, appaiono modalità di produzione/non produzione più testate sulle nostre connazionali.
{{Il titolo di studio si presenta come medio alto}}, anche se all’interno della variabile va considerato che 626 donne non rispondono alla domanda. Infatti, in generale si concentra sulla licenza media superiore (35,8%) e quella media inferiore (22,4%). Lo scarto evidente esistente tra le diplomate e le donne che hanno conseguito la licenza media inferiore sembra essersi livellato tra i due sottogruppi (italiane e straniere) rispetto ala precedente monitoraggio. Nel confronto dei due campioni, inoltre, emerge che la laurea, in questo trimestre, è conseguita quasi a pari merito tra i due gruppi di donne con leggero favore delle italiane (9,3% contro il 7,6% delle straniere). Come già spiegato nelle precedenti edizioni di monitoraggio la risposta “altro” in questa variabile continua a fare riflettere su quanto ancora pesi il senso della acculturazione sulla sensibilità personale. L’elevata percentuale che si continua a registrare (21,9% totale) sta ad indicare che la domanda viene percepita come troppo giudicante al punto che la donna preferisce non rispondere. Questo atteggiamento di rifiuto è stato confermato più volte e non si è modificato in modo rilevante nel tempo di attivazione del servizio, così come è stato riferito negli incontri di verifica con le operatrici del call center.
Nella maggior parte dei casi non si sta parlando di donne sole, infatti, {{più della metà del campione è coniugata (57,2% dei casi), mentre il 11,1% è separata}}, un dato questo lievemente in diminuzione. Delle prime troviamo che le straniere e le italiane non presentano alcuna differenza percentuale, mentre tra le separate il dato prende punti sulle nostre concittadine e (11,6% e 7,1% nel confronto intragruppo). Tra le divorziate, infine il confronto è quasi paritetico di fatti le operatrici telefoniche riferiscono nelle interviste (atte ad approfondire i dati di monitoraggio) che siamo di fronte a donne straniere sposate con italiani e, poi successivamente divorziate da questi (il 4,6% in confronto al 4,1% delle nostre connazionali).
Non vi è molta differenza tra i due gruppi in merito alla variabile che raccoglieva notizie circa la frequenza dei contatti con il 1522. Sollecitate cioè a dire se avessero contattato il numero antiviolenza nazionale per la prima volta, il riscontro ha dato un risultato abbastanza simile.
Si tratta di un primo avvicinamento per 92,4% dei casi sul totale delle straniere e per il 90,2% del gruppo delle italiane che, invece, vede un piccolo aumento nei ripetuti contatti con il 1522 (9,8% contro il 7,6%) come riporta la tabella sottostante). Rispetto alla precedente rilevazione vi è un cambiamento in quanto {{le straniere che ancora non avevano fatto conoscenza diretta del servizio registravano una percentuale molto più alta}}. Probabilmente la campagna informativa recente ha contribuito ad allargare il pubblico delle donne non italiane.
{{Per oltre la metà delle donne chiamanti (65,4%) l’autore della violenza subita è il marito o convivente attuale}} (dato che si rende maggiormente significativo tra le straniere con 14 punti percentuali in più rispetto alle italiane). Anche {{le relazioni concluse con mariti o fidanzati sembrano recare danno alla propria vita}} (12,4%) e se questo è vero per entrambi i gruppi di donne lo è un po’ di più per le nostre concittadine. Ma {{i pericoli di essere al centro di percosse, maltrattamenti o ricatti psicologici si corrono pure all’interno della famiglia di origine}} (13%), dato valido solo per le italiane e completamente esiguo in questo monitoraggio per le donne straniere. Seguono le negative esperienze di amicizia o di relazione con i colleghi di lavoro che hanno generato episodi di violenza subita. (rispettivamente il 3% e il 2,1%). Anche se meno stringenti i casi di donne che sostengono di essere state molestate dai colleghi sul luogo di lavoro, si evince che tale pratica è perseguita soprattutto sulle donne italiane, mentre le straniere sono più bersagliate dagli amici o conoscenti. Il vero scarto tra italiane e straniere rispetto alla violenza che subiscono da un familiare, fa pensare inoltre all’aumento della violenza nel nostro paese diretta dai figli verso le loro madri (non più giovanissime).
{{La violenza è innanzitutto fisica}}. Essa, in questo monitoraggio, registra il 53,7% dei casi totali, ed è quindi in lieve aumento rispetto al 52,3% dei casi del precedente rapporto, ma con una quota percentuale ancora più alta tra le donne straniere come precedentemente rilevato. Assume, inoltre, molto peso anche la tipologia della violenza psicologica (42,6% del totale complessivo), denunciata principalmente dalle nostre connazionali.
Il fatto che non si fuoriesca con facilità da una vita violenta è confermato anche dai dati di questo ultimo monitoraggio sul call center del 1522 quando si scorge che le percentuali assumono scarso significato tra i casi di un unico o pochi episodi di violenza (assieme si attestano, infatti, intorno al 6,7% circa).
Con grande preoccupazione si leggono, invece, le cifre percentuali sui ripetuti episodi di violenza che cumulati (tra quelli che durano mesi e quelli che durano anni) arrivano al 93,3% sul totale. In questo caso {{la recidiva degli atti violenti è soprattutto quella che dura anni}} (60,8%) ed è riscontrabile soprattutto tra le donne italiane (61,6% contro il 55,1% delle risposte delle straniere). Nonostante i drammatici risvolti che si celano dietro i numeri fin qui discussi, il 739% delle donne vittime di violenza non riesce a trovare la forza di denunciare gli episodi violenti; sono poco più di un quarto, infatti, le donne che decidono di rompere il silenzio pagandolo magari con duri costi esistenziali. In tale ambito, non passano differenze rilevanti tra italiane e straniere.
Se si analizzano i motivi che hanno indotto le donne straniere a chiamare il servizio 1522, si evince che le donne chiedono soprattutto un aiuto diretto alla loro persona (98,5%). Come riscontrato anche precedentemente sono minoritarie e diminuiscono ancora di più quelle che hanno denunciato di essere vittime di azioni di mobbing e molestie sessuali sul lavoro (solo l’1,5%).
Non diverse le motivazioni raccolte tra le donne italiane che hanno contattato il servizio oltre che per avere un aiuto personale (97,6%) in minima parte anche per mobbing e molestie sessuali sul luogo di lavoro (1,9%). Come si vede, si è voluto scorporare il dato per verificare ci fossero motivazioni differenti tra i due gruppi di donne dovute, magari, a diversa appartenenza culturale, ma i dati ci dicono che in questo ambito le risposte sono alquanto paritetiche.
Che risposta è sta fornita dal 1522 alle utenti chiamanti? Anche se in questa sede occorre sintetizzare un complesso lavoro di ascolto e accoglienza, in particolare, è possibile analizzare i riscontri che il personale del call center ha ritenuto più idonei in base alle proprie capacità e sensibilità a valutare i casi di violenza che si sono susseguiti nel trimestre in corso.
{{Per l’85,2% dei casi si è trattato di un invio ad un centro antiviolenza}} presente sul territorio di appartenenza o di più immediata vicinanza al luogo di residenza. Con grandissimo scarto percentuale sono state consigliate a far ricorso alle forze dell’ordine (3,5%) e, diversamente dal precedente monitoraggio non si evincono evidenti differenze percentuali nei due sottogruppi.
Degna di nota la percentuale verso “altri” servizi (7,4%) che, stando ai colloqui svolti con le operatrici telefoniche, fanno riferimento ad associazioni di volontariato presenti nel territorio provinciale.
Molto minoritari gli invii presso i servizi sociali comunali (1,7%) e i consultori cittadini (1,2%) probabilmente perché le donne a queste strutture socio sanitarie vi ricorrono già, indipendentemente dall’esistenza del numero antiviolenza donna (vero in questo monitoraggio più per le italiane che per le straniere)..
Inoltre, se si ribalta l’informazione sui servizi proposti dal 1522 su tutto il territorio diviso nelle tre macro aree precedentemente analizzate su altre variabili, si nota che il centro antiviolenza, fuoco del lavoro del call center 1522, è prevalentemente suggerito alle donne che risiedono nelle regioni del nord (il 41,1% della modalità collegata, forse anche a ragione del fatto che ve ne sono distribuiti in maggior numero rispetto ad altre zone del paese). Lo stesso dicasi per il servizio sociale comunale e le forze dell’ordine., mentre per quel che riguarda, invece, il servizio di psicologia/psichiatrico si rilevano i maggiori invii al centro (50% contro il 35% del nord e il 15% del sud e isole). Il consultorio, infine è un servizio consigliato in modo paritetico tra le macro aree analizzate soprattutto per quanto riguarda quelle del nord e del sud, eccede di quasi cinque punti percentuali nei territori del centro Italia.
Infine, una considerazione sui canali comunicativi che maggiormente hanno inciso sulla persuasione delle donne a chiamare il servizio implementato dal Dipartimento per contrastare la violenza di genere. Come riscontrato anche in altra parte del presente rapporto, la campagna pubblicitaria televisiva ha fatto da padrona su tutti gli altri mezzi comunicativi, all’interno dei quali riesce ad emergere con grande stacco percentuale la stampa. Così, {{le donne ascoltate dal call center hanno riferito nel 79,9% dei casi di aver visto in TV gli spot che pubblicizzavano il servizio, solo il 5% ha raccolto la notizia tramite un parente/amico o conoscente}} (più vero per le donne straniere), mentre il 3,9% ha reperito l’informazione della sua attivazione leggendo i giornali quotidiani o settimanali. In ultimo, il 3,4% ha trovato presso un servizio o un ufficio aperto al pubblico depliant pubblicitari riguardanti il servizio telefonico 1522 (es. consultorio familiari).
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