Vita e morte delle donne, una questione di potere.
Rimbombano nella testa i nomi e l’età, soprattutto l’età, 16 e 17 anni. Quella dei protagonisti dell’ultimo drammatico episodio di cronaca nera in cui a morire è stata ancora una volta una donna. Troppo giovane per rimanere vittima di un rapporto malato, ma asassinata, e per mano di un uomo, anch’esso giovanissimo. Fino ad oggi il dibattito nel paese, soprattutto dopo l’ episodio crudissimo dello stupro di Rimini, è arrivato ad alimentarsi perlopiù di dati statistici depistando così completamente la riflessione su un tema diventato probabilmente troppo politicamente sensibile alla vigilia di una campagna elettorale che si annuncia senza esclusione di colpi.
Una campagna in cui l’immigrazione sarà il tema dominante, declinato in chiave securitaria da una destra che sta forgiando il senso comune e il Pd che ne rincorre rivendicandone la capacità di affrontarli e risolverli. Se una destra sempre più venata di razzismo ha avuto per un certo momento buon gioco a far credere che le percentuali di stupri in Italia siano commesse in maggioranza da immigrati, il che è grossolanamente falso va da sé, ci ha pensato un altro episodio, quello di Firenze e l’abuso violento di due carabinieri Italiani su due turiste statunitensi, a ricordare la triste verità.
Questo avrebbe potuto almeno sparigliare le carte ma in un paese dormiente, maschilista e moralista qual è diventato, o rimasto, il nostro, le dichiarazione del sindaco di Firenze, Nardella, e del ministro Minniti, che ha sostenuto che in Italia il rispetto per le donne è scontato, hanno pressoché azzerato questa possibilità. A Minniti sarebbe troppo facile rispondere che il rispetto per le donne è tanto scontato che ormai ce lo siamo dimenticato, se mai ci fosse mai stato. Intanto, la delegata del governo alle pari opportunità continua a restare zitta, come se la questione si potesse risolvere elargendo qualche spicciolo ai pochi centri antivolenza sparsi per tutto il paese e finita lì.
In una lunga intervista rilasciata all’Espresso un mese fa, quando ancora non si erano verificati questi brutti fatti di fine estate, la sociologa Chiara Saraceno ci mette in guardia in maniera lucida sostenendo che “il maschilismo è sdoganato”. E la battaglia è sempre più difficile perché si nutre della presunzione che in fondo alle donne vada bene così. Che per il fatto di essere libere di agire, di vestire, di determinarsi, in fondo accettino come del tutto normali comportamenti maschilisti: “Non facciamo drammi, che sarà mai”, è l’atteggiamento che si sta facendo strada. Come dire: sarebbe bello che certe cose non accadessero, ma le vere tragedie sono altre».
Non si potrebbero dire parole più giuste. Invece bisognerebbe farlo il dramma alla luce di questi stupri, che sono tragedie. E lo sono perché raccontano il degrado di una società allo sbando, di un sistema di rapporti umani completamente saltato, di una disumanizzazione frutto di una società completamente ridisegnata dal liberismo più estremo, dove i diritti non esistono più dove tutto è in vendita; dove la libertà del più forte di fare ciò che gli pare o quasi non ha limiti.
La distruzione del welfare, della scuola pubblica, la precarizzazione estrema del lavoro e delle nostre vite, la paura dell’altro, del diverso inoculata come garanzia perpetua di subalternità degli ultimi, le guerre che sembrano sempre imminenti, anche tutte queste cose ci parlano della tragedia di Noemi, troppo giovane per morire di non amore e anche dell’omicida, a suo volta troppo giovane per uccidere.
E allora cosa manca? Manca la politica. Non la sua versione deteriore, quella che negli ultimi anni ha contribuito a distruggere prima il lessico e poi le coscienze. Che ha alimentato un qualunquismo superficiale che si è impadronito dello spirito pubblico e ha annebbiato il dibattito svuotandolo di contenuti, ridicolizzando battaglie definite superate come quelle femministe, oppure denigrando quelle per i diritti umani, anche quelle contro il razzismo e per i diritti di base: lavoro, sanità e scuola pubblica. Perché è noto che nella società neoliberale tutti sono in guerra con tutti e solo i più forti vincono. Eccolo il nesso con il sempre vivo regime patriarcale: se i più forti sono i maschi, allora i maschi devono vincere e signoreggiare, il che conferisce loro anche il diritto di stuprare e di uccidere.
Ad ogni tragedia segue un lutto che dura sempre troppo poco: il tempo di un titolo di giornale, un link sui social e tutto tragicamente torna come prima e si fa finta di niente. Allora rimettere al centro la politica, cioè la lotta per cambiare i rapporti di forza nella società, a partire da quelli tra uomini e donne è l’unica vera alternativa al fare finta di niente per scelta o per impotenza. Oggi è lutto e lo sarà anche domani, e domani ancora finché il cambiamento dei rapporti tra i generi non sarà una realtà.
Chiara Guida – Collettivo 105-Napoli