Vulnerabili dee. Lettura musicata
Sabato 13 luglio alla Locanda della Canonica di Montalbano di Zocca (MO), h 21
Beatrice Sarti – voce (contralto)
Silvia Cavalieri – voce
Laura Francaviglia – chitarra e percussioni
Abbiamo letto I monologhi della vagina di Eve Ensler e abbiamo colto il suo invito a trasformare questo testo per farlo ancora più nostro, inserendoci poesie di altre scrittrici refrattarie ai codici condivisi, che parlano una lingua aspra e petrosa.
E poi ci abbiamo messo la musica intorno e addosso: musica che racconta di margini e abbandoni, ma anche delle gioie della carne e del piacere che sta nel riso e nell’oblio.
Storie di vulnerabilità e potenza, nel cortile della Locanda della Canonica: in cima al borgo medievale, tra le rocce e il cielo stellato.
I Monologhi della vagina sono un’opera rivoluzionaria. L’impatto che hanno avuto è stato talmente dirompente che raccontare tutti gli effetti che hanno sortito a ogni latitudine occuperebbe migliaia di righe. Un impatto dilagante e inatteso: mai Eve Ensler, autrice e ideatrice del progetto, avrebbe immaginato, quindici anni fa quando per la prima volta i Monologhi vennero rappresentati in un piccolo teatro del centro di New York, che tante conseguenze sarebbero scaturite a partire da quel suo gesto di rivendicazione. Linguistica e identitaria. “Pronunciare quella parola che non avrei dovuto pronunciare è stata la cosa che mi ha dato voce nel mondo. Svelare le storie personalissime delle donne e delle loro parti intime ha dato origine a un movimento pubblico, globale, per porre fine alla violenza contro le donne e le bambine chiamato V-Day”, scrive nell’introduzione all’edizione per il decimo anniversario.
Il 14 febbraio di quest’anno le piazze di tante città nel mondo si sono riempite di donne e uomini di tutte le età che testimoniavano contro la violenza di genere, ballando, suonando, battendo il ritmo con pentole e coperchi, cantando e ridendo. La festa come dirompente momento di rottura e capovolgimento di codici discriminanti, un paesaggio che si va trasformando dalle strade, nelle relazioni, con gli sguardi e il contatto. Era il One Billion Rising: l’immaginazione e la creatività a farsi militanza sociale e politica. Senza snaturarsi. Eve Ensler è riuscita a mantenersi in bilico fra attivismo e arte, sfidando temeraria le leggi dell’equilibrio: “L’arte ha reso l’attivismo più creativo e audace, l’attivismo ha reso l’arte più mirata, più concreta, più pericolosa. Il trucco, in entrambi i casi, è stato quello di evitare da una parte l’ideologia e il fondamentalismo, e la frammentazione e l’irresponsabilità dall’altra. Il trucco è stato cominciare a gettare le fondamenta […] e poi sperare che gli individui e i gruppi portassero in quell’esperienza la loro visione, la loro cultura e la loro creatività. Il trucco è stato creare qualcosa che fosse concreto ma fluido, qualcosa che può propagarsi rapidamente e tuttavia ha solidità, qualcosa che possa essere posseduto e modificato da molti e ha certi ingredienti e leggi che permettono questa adattabilità. Il trucco è stato vivere nelle contraddizioni pur mantenendo fermi i principi, le convinzioni e gli scopi”.
E l’opportunità offerta da questa elasticità così fertile e accogliente noi abbiamo voluto coglierla, seguendo i luoghi dove i monologhi ci conducevano, lungo le nostre chine. Così nella lettura musicata di sabato non proporremo soltanto brani dei monologhi ma anche poesie di Goliarda Sapienza e Jolanda Insana, due poetesse che hanno avuto il coraggio di lasciar permeare corpo e materia dentro la parola, due autrici dallo stile ben diverso – elementare, fatto di terra e fuoco, quello di Goliarda, capace di intramare la cultura dei classici latini e greci in un paesaggio aspro e petroso, quello di Jolanda – ma simili nell’atteggiamento di risoluta fedeltà a se stesse, quell’ascolto spregiudicato dell’io, senza censure, che nel momento in cui sa trasformare il magma in parola poetica, conservando del magma tutto il calore e la potenza trasformatrice, diventa artefice di nuovi scenari abitabili. E soltanto permanendo in questa autenticità poco o nulla integrabile è possibile arrivare a cambiare davvero la cultura, sottraendoci agli automatismi espressivi che spesso traducono e si traducono in clichés relazionali possiamo recuperare forme di socialità più attente ai bisogni reali delle persone, più appaganti e vitali: perché la violenza contro le donne, così come ogni forma di violenza esercitata per volontà di dominio e possesso, nasce da una percezione distorta e mortificante dei rapporti fra gli esseri, in un’ottica ottusa, incapace di concepire la libertà come un diritto. E come bellezza, anche.
Con il loro coraggioso ripescare in una sensibilità ancestrale – e questo è anche il titolo della raccolta poetica di Goliarda Sapienza – che è insieme personale e condivisa, queste poesie arricchiscono il nostro percorso di ricerca sugli archetipi che, nella psicologia junghiana, sono quelle propensioni che ognuna e ognuno di noi attinge all’inconscio collettivo e che il contesto, più o meno immediato, in cui viviamo immersi può incentivare approvandoli, o sanzionare. Saper trovare i propri archetipi di riferimento, lavorarci su in direzione costruttiva e trasformativa è una strada per sottrarsi all’omologazione dei modelli imperanti: gli archetipi sono strumenti potenti di decostruzione degli stereotipi. Con i brani musicali che abbiamo scelto di interpretare alcuni di queste potenti divinità primigenie verranno evocate: da Artemide a Estia, da Era ad Afrodite senza dimenticare Dioniso, dio reietto nella società patriarcale, rimosso dalla coscienza occidentale dai tempi di Socrate, come ci racconta Nietzsche nella Nascita della Tragedia, quel Dioniso che noi celebriamo anche nel titolo della rassegna di cui questa lettura musicata fa parte: Le note del viandante. E il viandante, con la sua irrequietezza, la sua incapacità di fermarsi, la sua vulnerabilità di straniero è proprio legato all’archetipo dionisiaco del perdersi per ritrovarsi in una dimensione più profonda e meno dicotomica, più disponibile alla contaminazione e all’amalgama. Ma anche capace di luce.
ho abbandonato il nero nadìr e l’insulto
e fattami una nella mano e nel cuore
ho perso la doppia vista
il meglio che ho perduto fu la lama del coltello
soperchiata per lusinga più che per minaccia
e incontro a sì bella sorte
uscita da una via oscura e addormentata
vado a cogliere anemoni azzurri in buone terre
leggere e non sassose
dimenticando la lama e ogni ferimento
poiché non c’è nessuna colpa nella raccolta
disse una parola
e ne fui bruciata
perché non c’è nulla di nascosto e tutto è rivelato
Jolanda Insana, da “L’offerta”, in Medicina carnale